Il pompiere non ha paura. E soprattutto serve sempre

Il commento del Direttore Francesco Caielli

Che “il pompiere paura non ne ha” l’abbiamo capito, fin troppo bene, nei giorni scorsi. E quell’applauso che i nostri vigili del fuoco si sono presi – meritatissimo anzi di più – prima della partita di sabato sta lì a dimostrarci che l’abbiamo capito tutti. Il pompiere paura non ne ha e soprattutto serve: sempre. E ci sia concessa questa divagazione che tira in ballo i nostri eroi che hanno salvato il Campo dei Fiori e li catapulta nel mondo – più terra terra – della pallacanestro. Ci sia concessa perché il pompiere serve, serve anche qui.

Serve, perché dopo la vittoria con Trento (che fa il paio con quella contro Cantù: Fabio Gandini ne spiega bene la portata statistica ed emozionale) diventa difficile continuare a credere alla storiella della squadra che dovrà salvarsi all’ultima giornata. Poco credibile, vero? Ecco, allora, mettiamoci l’elmetto del pompiere e proviamoci noi: tenetevi forte. Perché i discorsi che si facevano fino a un paio di mesi fa – squadra piena di incognite, squadra corta, squadra più scarsa di quasi tutte le altre del campionato – sono ancora validi.

Pensare di aver già scacciato gli incubi, pensare di poter guardare la classifica strizzando l’occhio a chi sta davanti piuttosto che temendo chi sta dietro, sarebbe un errore madornale. Un errore che non devono commettere i tifosi e che soprattutto non devono commettere i giocatori: perché sarebbe l’inizio della fine. Basta poco, basta dimenticarsi di quelli che siamo, per rovinare il giocattolino che si sta costruendo.

Certo, questa squadra ha stupito e nessuno glielo nega. Ed è bello, molto bello accorgersi che andare al palazzetto quest’anno è una figata. Eravamo giovani tifosi, ai tempi della Cagiva di Dodo Rusconi, ma ce la ricordiamo bene. Ci ricordiamo di una squadra che era bellissimo andare a vedere, che non partiva mai sconfitta contro nessuno, che difendeva il fortino di Masnago. E la squadra di Caja, fatte tutte le proporzioni del mondo (no, qui non c’è un Meneghin e nemmeno un Komazec), ha davvero tutte le carte in regola per assomigliarle. Almeno un po’.