«Il Poz, Vitucci e tutti i miei colleghi. Grazie Varese, con te sono cresciuta»

La responsabile marketing della Pallacanestro Varese a un passo d’addio pieno di ricordi e di orgoglio

La luna tramonta sempre all’alba. Mai prima. All’alba, quando esiste la certezza di un nuovo giorno, bello anche se ignoto. Così Luna Tovaglieri, ormai ex responsabile marketing della Pallacanestro Varese, ha lasciato la società che l’ha fatta crescere per inseguire un futuro che – certamente, proprio come il nuovo giorno di cui sopra – l’appassiona.

Nella chiacchierata che segue, fatta con una persona di “famiglia” come tutti coloro che fanno o hanno fatto parte del settantennale sodalizio cestistico cittadino (per un giornalista la Pallacanestro Varese è una famiglia, anche se sta dall’altra parte della barricata della critica), si apre il bagaglio di sei anni di ricordi: dentro c’è da pescarci a piene mani.


Sono contenta e serena: quella presa è una scelta di cuore, che segue una vera e propria vocazione. Farò il coach umanista e, oltre a lavorare come libero professionista, sarò parte della direzione scientifica della Scuola di Coaching Umanistico che si appresta a vivere una nuova fase. Mettermi a disposizione delle altre persone per aiutarle a costruire la loro felicità è una sfida che mi appartiene e che mi permetterà di lasciare qualcosa di mio in termini concreti.

Il basket per me è stata una cornice, una bellissima e divertente cornice, all’interno della quale ho conosciuto persone straordinarie. E sono proprio i rapporti umani quelli che mi porterò dietro. Rimarranno sempre dentro di me le persone che con me hanno lavorato negli uffici della Pallacanestro Varese, persone che ho visto crescere e con le quali sono cresciuta mentre la stessa struttura societaria cresceva. E poi ci sono le associazioni e le aziende con cui sono entrata in contatto grazie al mio ruolo: Pallacanestro Varese mi ha dato la possibilità di penetrare all’interno di determinati contesti con una naturalezza incredibile.


No, preferisco concentrarmi sul percorso. La Pallacanestro Varese di oggi non è la stessa nella quale entrai sei anni fa: è cambiata grazie a un team di lavoro integrato, creativo e con tanta voglia di non smettere mai di imparare. Ho visto crescere i giovani, chi era appena arrivato, come il Ganda (Marco Gandini), il Piont (Luca Piontini) ed Elisa (Elisa Fabris), ma anche chi era in società da più tempo, come la Sara (Sara Patitucci) o la Raffa (Raffaella Demattè).

Se non fosse stato così, nessuno di noi avrebbe lavorato o lavorerebbe nella Pallacanestro Varese, dove in pochi si fa il lavoro che spetterebbe a tanti. Ci sono cose che mi hanno dato molta più soddisfazione della semplice targhetta di “responsabile marketing”, come il fatto che gente come Claudio Coldebella, Fabrizio Fiorini o Alberto Castelli mi sia venuta a chiedere un parere o l’essere riuscita a lavorare in modo proficuo con tutti coloro che sono passati da questa società.

Rispondo Chalon, anche perché la finale di Fiba Europe Cup è stata una delle poche partite che sono riuscita a godermi davvero: le altre le ho sempre vissute con la “scimmia” del back office, sperando che tutto il contorno – che a me competeva – filasse liscio. A Chalon no: lì sono stata tifosa. E anche se alla fine è stata un’occasione coincisa con una delusione sportiva, non la dimenticherò.

Frank Vitucci. Sapeva mettere tranquillità con la sua sola presenza.


Giancarlo Ferrero. E poi c’è un altro, che è stato sia giocatore che allenatore ma che per me vale ben oltre i ruoli che ha ricoperto…


È Gianmarco Pozzecco. Quando era allenatore mi stava pure antipatico, poi l’ho scoperto nella dimensione d’ufficio una volta che ha lasciato la panchina e direi che l’ho conosciuto per quello che è veramente. Ovvero uno da chiamare quando hai un disagio, o quando vivi un momento di svolta della tua vita: uno che ti fa ragionare sulle cose e dei cui consigli ti puoi fidare ciecamente.

I miei colleghi d’ufficio in primis, che anche in questi ultimi giorni non mi hanno fatto sentire il distacco. Poi Michele Lo Nero, Cecco Vescovi e Stefano Coppa, che mi hanno assunta e fatto diventare responsabile marketing. E poi ancora Giorgio Gaspari, che ha creduto in me all’inizio. E infine Fabrizio Fiorini, perché mi ha fatto sentire una persona su cui contare. Ma non dimentico nemmeno Domenico Giordano, con cui ho lavorato per il progetto relativo al settore giovanile “Crescere Varese” e che mi ha ispirato nella nuova scelta professionale.


Ci si concentra solo sull’ingresso delle risorse economiche senza focalizzarsi sul centro del problema, che è quello del valore da costruire. Se quest’ultimo diventa autentico, alla fine viene ripagato. Non si deve fare marketing perché si inseguono i soldi: si deve fare marketing per creare qualcosa che venga riconosciuto. La Pallacanestro Varese ha tutte le carte in regola per diventare un punto di riferimento, più di quello che è già: per il territorio, per i tifosi e le loro famiglie, per gli imprenditori, nel sociale. Se ci riuscirà, saranno sempre di più le persone e le realtà che si appassioneranno ad essa e che faranno in modo che duri nel tempo. Il marketing non è altro che un generatore di opportunità e di valore intorno alle relazioni umane.