Il Varese ha bisogno di aiuto, prima che sia tardi. Tifosi, vivaio e sogni ci sono: manca un finanziatore

Tramontata la pista Vavassori, il proprietario Paolo Basile, dopo aver fatto fronte agli errori del passato, non può andare avanti da solo

Mentre il campo inizia a dare un po’ dei risultati sperati e ipotizzati in estate, il Varese ha un’altra partita da affrontare. È quella che si gioca negli uffici di piazzale De Gasperi, dove il proprietario unico Paolo Basile cerca nuovi accordi e aiuti per dare solidità e respiro (insomma: liquidità) alla società.

Le complicazioni da affrontare hanno radici che affondano nel recente passato, con un’eredità – quella lasciata da Aldo Taddeo – che si fa ancora sentire: in termini di disponibilità, di credibilità, di scelte, di entusiasmo.

Il percorso presentato in estate, che avrebbe condotto fino alla Serie B nel 2020, è durato poco: la presidenza Taddeo si è conclusa in 97 giorni (37 più di quella Baraldi), ha lasciato una struttura pesante e, quel che è peggio, poggiava su basi dichiarate a stampa e città ma mai effettivamente costruite.

Insomma, carta (nello specifico, visura)… non canta: il famoso aumento di capitale sociale fino a 500.000 euro (il cui termine ultimo per sottoscriverlo era il 30 settembre) è rimasto solo dichiarato, deliberato. Il sottoscritto è 21.000 euro, il versato quello che (euro più, euro meno) c’è sempre stato dalla (ri)fondazione: 18.210. Nel cassetto non è mai stato messo nulla, dunque ogni costo è stato affrontato da zero.

Gli scontri di inizio 2017 non hanno fatto altro che creare un quadro di spaccatura che non poteva attirare interessi e consensi. E i progetti usciti alla resa dei conti nella stanza dei bottoni – quando alla minoranza fu detto di farsi da parte -, troppo grandi per essere fattibili (e clamorosamente affondati in poco tempo), non hanno mai incontrato l’interesse del territorio. Nessuna novità e, anzi, qualche passo indietro: chi c’era, ha preferito defilarsi.

Anche il settore giovanile, unica continuità rispetto al passato targato Varese 1910 (con gli allenatori e i dirigenti che hanno sposato il progetto di rinascita e bimbi e genitori che hanno riabbracciato la maglia biancorossa), pur essendo ancora vivo e ben guidato è andato un po’ ridimensionandosi, incappando anche in vecchie criticità, tra cui quella dei campi di allenamento.

In quest’ottica Varesello sembra essere un ottimo punto di partenza, ma la struttura finora non è mai entrata a pieno regime come “casa biancorossa”.

Tornando in prima squadra, le decisioni prese in estate hanno contribuito ad aumentare i costi: una completa rifondazione è, per forza di cose, ben altro impegno rispetto a conferme e rifiniture. Una rifondazione decisa per il braccio di ferro tra Taddeo e i giocatori, finito nelle vertenze degli ex Varese per gli accordi mai onorati e a cui invece bisogna (al più presto) ottemperare; accordi che hanno un certo peso: se non economico (un centone su per giù), certamente in termini di legami, passione, appartenenza. Ed entusiasmo.

Eccoci arrivati al punto. L’entusiasmo della rinascita è andato scomparendo. Soprattutto nei tifosi, il cui legame con il Varese resta però fortissimo, tanto da aver comunque visto 1200 spettatori al Franco Ossola mercoledì (1 novembre, giorno di festa) contro il Pavia. A loro – vero patrimonio, insieme a scuola calcio e settore giovanile – e per loro bisogna raccontare verità, risposte e soluzioni.

Voci insistenti portavano a una trattativa con Pietro Vavassori: la speranza di un ritorno di fiamma, dopo gli incontri al termine dell’Eccellenza, è però svanita; antichi dispiaceri e nuove perplessità, nonostante importanti interventi a supporto, non hanno mai fatto effettivamente decollare la trattativa e la costruzione di un pool capitanato dall’ex patron della Pro.

Sul tavolo non ci sono debiti insormontabili, ma per forza di cose c’è un problema costi da affrontare, oltretutto a stagione in corso. Ipotizzando una gestione mensile compresa tra i 50 e i 90.000 euro, è evidente come l’impegno per arrivare a fine stagione sia importante, pur con la possibilità di una razionalizzazione nella finestra del mercato invernale.

L’auspicio poteva essere quello di trovare un po’ di forza dall’interno. Matt Reeser però, dopo aver messo mano al portafoglio, non ha visto profilarsi una possibilità di impegno e di direzione importanti. Nonostante l’impressione positiva destata e la stima conseguente, si è ritrovato un po’ ai margini e, registrando anche difficoltà e perplessità nel settore giovanile (primo collegamento vista la presenza del figlio Jarrett), non sembra destinato a profondere un impegno così grande da risolvere in toto il problema. Per quanto riguarda Edoardo Russo, invece, dopo i mesi iniziali di stretta collaborazione e contatto con la squadra, in molti ne hanno notato e sottolineato l’attuale “assenza”.

Basile ha sbagliato scelte e soprattutto partner con cui guidare l’avventura, ma non si è mai risparmiato a livello personale nel tentativo di dare il meglio al Varese e portarlo avanti. Né in passato, né ora: l’investimento sul sintetico dell’Alfredo Speroni è la testimonianza del voler mettere a disposizione qualcosa di utile e interessante.

Non potendo proseguire da solo (o quasi), ha necessità di rinforzi o di un acquirente. Questa volta, da pesare con attenzione: avventurieri, improvvisati e salvatori della patria che compaiono all’ultimo momento in situazioni di difficoltà, non possono (e non saranno) interlocutori.

Anziché finire nelle mani sbagliate, meglio chiedere aiuto, anche ammettendo di non farcela (segno di onore, non di debolezza). “Chiavi” al sindaco e ricerca di qualcuno (una persona, due, un gruppo: cambia poco. Purché seri, riconosciuti e riconoscibili in città) che possa e voglia difendere il patrimonio del Varese: i bimbi e gli allenatori della scuola calcio, e i tifosi. A loro non si può strappare un’altra volta un sogno. Perché il rischio, stavolta, è che sia davvero l’ultima.

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