«Il Varese lo salviamo così»

Fontana: «In tribunale e Lega calcio gioco io». Vincenzi (presidente Provincia) ci sta. Il fallimento pilotato salva club e tifosi: Laurenza lo vuole? Se no c’è il concordato

Tabula rasa, o almeno c’illudiamo che sia così, e adesso ricostruiamo: dov’è il problema? Il male del Varese sono gli ostacoli, non i campetti deserti dove mettere il primo pallone e iniziare a giocare: in quello, siamo maestri.

Il Varese è unico perché, tra i tanti o pochi tifosi che può vantare, sicuramente ci sono quelli giusti. A Verona hanno il sindaco Tosi, qui siamo molti di più. Ha ragione Daniele Marantelli, ex calciatore delle giovanili e «mitico numero 10 della nazionale parlamentari» (guai se non lo scriviamo), quando dice: «Io e il Giancarlo (Giorgetti) ci siamo messi lì come cani da tartufo e stiamo andando a cercare ovunque.

Se c’è qualcosa o qualcuno che salva il Varese, lo scoviamo».
Ha ragione il sindaco Attilio Fontana, a cui ieri s’è aggiunto clamorosamente con un bellissimo gesto Gunnar Vincenzi, presidente della Provincia a cui diamo il benvenuto tra noi («Facciamo squadra e ci schieriamo con il sindaco per salvare il Varese, gli imprenditori chiamino noi»): non sappiamo se sia spirito di rivalsa nei confronti d’un passato abbastanza burrascoso con il padre fondatore del Varese 1910 (all’inizio tra i due c’era, però, profonda amicizia) e con i suoi tifosi, ma il primo cittadino negli ultimi anni su questo fronte s’è riscattato alla grande, gettandosi nel fuoco con le banche – anzi, La Banca – e facilitando la scorsa estate l’iscrizione a 41 minuti dalla cancellazione dai campionati (questo è stato l’atto migliore, e supremo, per cui l’ex presidente Laurenza va ringraziato). E anche adesso, invece di suonare la campana a morto biancorossa, il sindaco scende in campo quasi con sfacciataggine: «Chiamatemi facilitatore», dice con un ghigno Pavolettiano da finale salvezza. Facilita cosa, signor sindaco? «Facilito le cose, dal contatto con Federazione e Lega visto che con Abodi ho ottimi rapporti, a quello con il tribunale. I tempi per fare qualunque cosa ci sono, e se non ci sono li trovo io: ho già parlato con chi di dovere». E i finanziatori del nuovo Varese? «Con qualcuno ho già parlato, e a dire il vero ci avevo parlato anche l’estate scorsa…».
Il problema sono i debiti (9 milioni o qualcuno in più, come risulta a noi? Solo Laurenza, ahilui e ahinoi, lo sa): perché mai qualcuno dovrebbe rilevare “gratis” una società che in realtà costa un occhio della testa (dai 9 milioni ai 15, più i secondi che i primi)? Un regalo “costoso”, converranno l’ex presidente e il primo cittadino. «Ma ci sono alcune vie da percorrere che possono abbattere queste cifre», aggiunge Fontana che stamane avrà un altro incontro decisivo (non dice con chi e noi non indaghiamo, anche se ci pare di aver capito…).

Il Varese si salva solo attraverso un concordato preventivo col tribunale (1) o il fallimento pilotato (2). Il primo, mai provato in Italia, prevede un accordo tra creditori, Stato e Lega Calcio di erosione e dilatazione del debito: tutti prendono meno del dovuto (il 20-30%?), ma prendono qualcosa che è meglio del nulla che segue un fallimento. I nuovi finanziatori, in questo caso, dovrebbero mettere sul piatto più soldi di quelli con cui porterebbero a casa la società dopo l’asta fallimentare.
È questa, il cosiddetto fallimento pilotato (2), la situazione più vantaggiosa – e per noi anche l’unica – che farà sopravvivere il Varese anche in caso di retrocessione in Lega Pro: già riuscita al Bari (fu dichiarato fallito il 19 marzo 2014), azzererebbe i debiti a chi comprasse il titolo all’asta (il club pugliese costò 3.8 milioni ma il Varese varrebbe meno, la metà o un terzo? Poi i finanziatori avrebbero da gestire entrate e giocatori per rientrare), e avrebbe già ottenuto la benevolenza del presidente della B, Andrea Abodi, che è obbligato ad affiliare il nuovo club entro fine campionato (a bocce ferme, l’operazione è vietata).

Problema: Laurenza accetterebbe il fallimento pilotato se penalizzasse anche la sua azienda? Bisognerebbe prima capire se il bilancio di quest’ultima sia (o sia stato) in qualche modo legato a filo doppio con quello del club biancorosso.
Soluzioni? Arrivando a fine campionato con l’attuale situazione, il Varese fallirebbe comunque perché impossibilitato a far fronte a qualunque pagamento, compresa l’iscrizione al campionato: nessuno ha interesse che ciò avvenga. Di più: i neo proprietari potrebbero anche prendersi “gratuitamente” l’83% di Laurenza con debiti annessi, avviare la procedura fallimentare, per poi impossessarsi della nuova società all’asta.
E ancora: chi l’ha detto che Laurenza non accetti il fallimento pilotato? Chiedeteglielo, noi lo stiamo facendo qui e ora. O chi l’ha detto che questa non sia la via migliore anche per Antonino Imborgia, attuale governatore del Varese insieme a Beppe D’Aniello e, soprattutto, unico finanziatore della società con i suoi amici svizzeri: si parla di un grande amministratore delegato nel settore dell’acciaio e di un ricco fondo d’investimento.

Campo libero, la partita è iniziata: su la testa, biancorossi.