«Io farò parlare i fatti. Sogno coppa e playoff»

Una lunga chiacchierata con il nuovo presidente della Pallacanestro Varese, Marco Vittorelli

Il comandante della nave, salito sul punto più alto dell’albero, scruta l’orizzonte. “Terra” non è il primo isolotto che si staglia oltre l’increspatura delle onde, meta raggiungibile anche senza il favore dei venti, l’arguzia del timone, il sudore dei marinai.

“Terra” è ciò che non si scorge oltre la linea infinita del mare, invisibile agli occhi ma non al desiderio ambizioso, ciò che richiede una fede incrollabile per essere raggiunto. Cosa c’entra con la pallacanestro? Leggete la prima intervista da presidente di Marco Vittorelli e lo capirete.

Duplice: grande onore ma anche forte senso di responsabilità. Conoscendo la storia di questa società, sapevo che non si sarebbe trattato di un semplice impegno di tempo, idee e risorse: essere presidente della Pallacanestro Varese significa rappresentare una città che nel basket si è sempre identificata. Per questo ho chiesto qualche giorno di riflessione prima di dare la disponibilità (sorride).

Con la consapevolezza che fosse un’ottima opportunità dotata di un progetto molto valido. Oggi la società, seguendo quanto già ipotizzato nel periodo in cui sono stato un semplice consigliere, guarda finalmente al futuro, perché è basata su un consorzio ben radicato sul territorio e ha un consiglio di amministrazione con ruoli e responsabilità molto precisi, allestito con l’intento di investire sul domani. Credo sia molto importante porsi degli obbiettivi a medio e lungo termine: una realtà come la Pallacanestro Varese deve tornare ad essere protagonista nel mondo del basket e, se vuole raggiungere lo scopo entro quattro o cinque anni, deve lavorare intensamente già oggi. Consorzio e azionariato diffuso saranno dei pilastri in tal senso: o si aspetta il mecenate italiano o straniero, che oggi c’è e domani non si sa, oppure si cerca una via alternativa, della quale il trust dei tifosi è l’ennesimo esempio.

Si tratta di un’iniziativa lungimirante, anche perché il radicamento sul territorio della società sarà la leva che spingerà la stessa a fare sempre meglio: l’azionariato popolare ci coinvolgerà e ci impegnerà ancora di più. È la prima premessa per far bene, seguita dall’aver impostato un consiglio di amministrazione di un certo tipo e dalla volontà che i nostri bilanci siano certificati. La direzione è giusta: per vincere nel futuro ci vogliono basi solide.
Ha parlato del nuovo cda: la vera rivoluzione della primavera biancorossa è stata la sua composizione e l’idea di puntare su competenze diversificate. Ci racconti il primo mese e mezzo di lavoro.
Si è trattato soprattutto di impostare ciò che andrà fatto nei prossimi mesi, contemperando i problemi del quotidiano con una visione prospettica. C’è grande entusiasmo, passione: siamo persone con valori simili, se non identici.

Sì: personalmente ribadisco la seria volontà di fare in modo che non si lavori solo per il presente. Se Varese vuole essere protagonista, deve rispettare standard di strutture e organizzazione: chi non arriverà in una certa condizione fra 10 anni non potrà far parte della comunità del basket. Ci sarà una selezione naturale, bisogna muoversi ora per allora: non si potrà giocare in certi ambiti senza una base finanziaria solida, senza il palazzetto organizzato in un certo modo, senza un organigramma che vada al di là della presenza del singolo.

Masnago ha una struttura solida, ma non utilizzata in tutte le sue potenzialità. Siamo stati proprio oggi dal nuovo sindaco Davide Galimberti per avere un appoggio all’idea di rendere la nostra casa più idonea possibile sia allo spettacolo del basket, sia all’intrattenimento dei tifosi prima, durante e dopo la partita. Abbiamo alcune cose molto interessanti in mente, ma preferisco far parlare i fatti: di certo se non si prende una certa direzione anche a livello di infrastrutture, si farà fatica a pensare a una squadra che possa giocare a livello internazionale. Il rinnovamento riguarderà quest’anno e gli anni successivi e richiederà l’esigenza di sacrificare una minima parte del budget stagionale per potersi compiere. Abbiamo le idee chiare: il vantaggio di non avere disponibilità economiche illimitate, è quello di essere “costretti” a spenderle bene.

La Lega è attualmente in una fase di grande trasformazione: viene da una gestione assembleare dove ciascun presidente ha cercato di portare acqua al mulino della propria società, senza una visione proiettata al futuro in grado di fornire un tornaconto all’intero movimento. Nell’ultima riunione, invece, è stata approvata una modifica dello statuto che finalmente darà al presidente (Egidio Bianchi ndr) un potere di fatto prima inesistente. È stato anche nominato un responsabile per il marketing (il direttore generale Federico Zurleni ndr), tramite un’accurata selezione professionale, che andrà a valorizzare in primis i diritti televisivi. Sono due grandi passi in avanti che spero diventino presto operativi, dopo la necessaria approvazione della Federazione con il beneplacito del Coni.

Sono fiducioso perché ritengo le nuove figure molto valide. Il cambiamento, a livello di Lega, passa molto dai diritti televisivi (universalmente intesi perché bisogna tenere conto anche dei contenuti web) che in passato sono stati gestiti in maniera poco coordinata. Per essere attrattivo di nuovi investimenti, poi, il basket deve capire che oggi l’aspetto relazionale è tutto: le aziende, oltre alla pubblicità fine a se stessa, hanno bisogno di occasioni per incontrarsi, per conoscersi, per creare opportunità di business. Bisogna pertanto valorizzare maggiormente eventi come playoff e finali scudetto.

Il primo responsabile è stato mio padre: ha militato nelle fila della Virtus Bologna, facendo anche qualche partita in serie A nel dopoguerra, tempi pionieristici. Per lui la pallacanestro era uno sport molto più sano del calcio e ad essa mi ha indirizzato, portandomi anche a vedere diversi incontri. Poi ho giocato ai tempi del liceo, per 5 anni, nello storico Pavoniano, la stessa società in cui è cresciuto Carlo Recalcati.

Perché, negli anni in cui giocavo, Varese era sempre in televisione e mi sono appassionato a lei fin da subito. Mio fratello, invece, è diventato tifoso dell’Olimpia: abbiamo un derby in famiglia.

Quest’anno abbiamo una struttura ben organizzata, con un direttore generale che si occuperà di molte questioni. I miei interventi avranno solo carattere istituzionale….

Non mi nasconderò laddove ci dovessero essere dei problemi, anche se in cuor mio mi auguro che vada tutto bene, così parleranno solo coloro che sono deputati a gestire determinati rapporti (sorride).

Ritengo che quelle critiche andassero ad analizzare dei fatti, come lo sono i risultati sportivi. Poi è chiaro che quantificare errori e sfortuna è difficile: la seconda ci vuole sempre e non la si può guidare. A consuntivo, però, la finale di Fiba Europe Cup è stata un grande risultato, cercato e ottenuto dal precedente consiglio. Alcune scelte fatte potevano essere più lungimiranti, è vero, ma è troppo facile dirlo ora.

… Se verranno compiuti ulteriori miglioramenti nell’organizzazione della squadra, della società e delle infrastrutture: mi preoccupo soprattutto del profilo extra-sportivo. Passando a ciò che concerne il campo, spero venga valorizzata la nostra partecipazione alla Fiba Champions League: far parte del lotto delle partecipanti sembra una cosa semplice ma non lo è. E non lo era soprattutto un mese fa: siamo riusciti ad essere ammessi nel bel mezzo di una polemica e di una “guerra” così vivace come quella tra Eca e Fiba, portando a casa un risultato in tempi molto stretti e senza certezze. Certezze che oggi abbiamo, a differenza di altre squadre che dovranno rinunciare alle competizioni europee pur con piazzamenti migliori dei nostri nello scorso campionato. Insomma: mi auguro di andare avanti il più possibile in coppa e, per quanto riguarda la Serie A, ovviamente di fare i playoff.