«La gente è commovente ci fa sentire professionisti. Il Varese è calcio epico. No barriere, solo passione»

Enzo Rosa a cinque giorni dalla possibile promozione in serie D: «A Besozzo capii tutto: una muraglia umana ci amava a prescindere. Questa è la squadra dei tifosi ed è quella da battere. Rimaniamo così. Il 20 marzo sarà il V-day con un’intitolaz

Ci siamo. Alla promozione in serie D manca poco: una giornata, se si incastrassero la vittoria del Varese contro l’Arconatese e un pari o una sconfitta del Legnano contro l’Union Villa Cassano; poco di più, se i risultati – in cui i tifosi sperano, per festeggiare al Franco Ossola – fossero diversi. Un sogno se, con la mente, si torna a quest’estate: Varese 1910 fallito dopo alcuni tentativi di salvataggio andati in fumo, la rassegnazione del sindaco Fontana, la disperazione di un popolo intero che ha sfiorato un traguardo chiamato serie A e che rischia clamorosamente di trovarsi senza la sua squadra del cuore.

Poi, una luce: tre amici al bar (Fontana, Galparoli, Ciavarrella) e un altro – il capo popolo biancorosso per eccellenza – che raccoglie donazioni, apre un conto e si mette a disposizione per una maglia da salvare a tutti i costi e in qualsiasi modo. Un riassunto, breve, di una storia che è già nel cuore di tutti. Di una storia che è già nella Storia. Di una storia a cui manca solo la parola “fine” (sì, purtroppo) del suo primo, struggente capitolo.

Chi, meglio di Enzo Rosa, può raccontare l’emozione di questo traguardo così vicino? Nessuno? Risposta esatta.

Si sta per avverare nel miglior modo possibile quello che quest’estate avevamo sperato. Cosa mi emoziona di più? Il calore della gente. Hanno fatto sentire tutti dei professionisti: i calciatori e lo staff tecnico che, alla prima partita, in Coppa contro il Tradate, si sono trovati una muraglia sugli spalti; noi, dirigenti non di professione, che abbiamo sposato la causa spinti da una passione commovente. Ci sono persone che si sono poi avvicinate, senza chiedere nulla in cambio, spinti dalla voglia di rappresentare al meglio il Varese. Il migliore dei copioni per un film bellissimo, nato con la spontaneità di chi ama questi colori senza altri fini.

I tifosi ci hanno creduto subito. Il tam-tam sui social ha svegliato dal torpore anche chi pensava che il Varese ormai fosse andato. Il popolo biancorosso non è mai stato diviso. Ma, altrettanto, non è mai stato così compatto: la curva, i “vecchi” della tribuna, chi ci segue da sempre, chi si è appassionato e ha iniziato a farlo. Tutti hanno rifiutato la disgraziata caduta che sembrava dovesse far sparire il calcio dalla città. Dico una cosa forte,

difficile da pensare: forse è meglio che sia accaduto. Ma da Varese parte un messaggio: ora non ci sono barriere, divisioni, settori, tornelli; i tifosi sono insieme, vicino alla rete, nel dopopartita. Ogni domenica facciamo 1500 spettatori: in molti campi della Lega Pro sono meno. La partita di domenica, quella col Legnano: siamo tornati a un calcio di altri tempi, un calcio epico, a cui la gente partecipa con passione, nessun sofismo tattico, solo voglia di affrontarsi e di dimostrare chi è il più forte.

Non me lo sono dimenticato neanche io e mi sto allenando. L’ho promesso allora, lo confermo oggi: partirò dalla Schiranna e salirò fino al Campo dei Fiori. Serve un’energia non comune, ma lo farò. Se Galparoli, che ha buona gamba, vuole accompagnarmi…

C’è un po’ di mistero, lo tengono nascosto. Le voci dicono che vorrebbero fare Franco Ossola-Sacro Monte: se mi aspettano, sarei felice di fare un pezzetto di strada insieme a loro.

Sarà un appuntamento bellissimo, anche perché festeggeremo in un momento di grande felicità. Rispolvereremo una maglia del passato, a cui sono affezionato, e intitoleremo l’area hospitality a un grande presidente, rimasto nel cuore di tutti, nel mio in particolare: Luigi Orrigoni. Prima della partita il nostro settore giovanile sarà protagonista: Cosimo Bufano sta già organizzando tutto. Sarà un vero e proprio Varese Calcio day.

Lo conosco già da prima che, nel 1988, diventasse presidente. Ogni volta che gli scrivo, ad esempio per gli auguri durante le feste, gli lancio sempre una frecciatina: “spero di rivederti presidente…”. Per ora non c’è nulla di più di una speranza: ma per me prima o poi accadrà. Comunque Milanese, insieme a Paolo Orrigoni, è stato il primo a darci un aiuto fondamentale per ripartire: un segnale forte di attaccamento ai colori, di affetto.

Una, in particolare. E quando ci penso mi commuovo: l’esordio a Besozzo. Lì ho capito che avevamo toccato le corde giuste, che Varese è stretta intorno a questa squadra, a questi colori. I tifosi amavano i giocatori ancor prima di sapere chi fossero, come se indossassero da sempre questa maglia. Vederli accolti così mi ha emozionato. Come sempre, i tifosi biancorossi sono i migliori. E i giocatori si meritano tutto questo affetto. In estate parlai con Marrazzo e il suo procuratore: uscito dall’ufficio, si fermò alla rete del Franco Ossola e disse: “io devo giocare qui…”. E come lui anche gli altri desideravano giocare per questa squadra, per questi tifosi. Pensai: sarà un campionato bellissimo. È andato ancora meglio del previsto.

Ci sono un’euforia, una felicità, una spontaneità incredibili. E sono i “vecchi” che condizionano l’umore dello spogliatoio: Luoni, Marrazzo, Gheller. Quelli che dovrebbero mantenere la calma sono i più scatenati: anche i giovani rimangono colpiti da questo entusiasmo, questa voglia, questa energia. Comunque quando ci sono grandi vittorie mi tengo sempre alla larga dallo spogliatoio: se entro non so come va a finire… A farne le spese è solo il povero Aldo Cunati.

Il pari col Mariano ci ha fatto capire che nessuno ci avrebbe regalato nulla. Quello col Tradate ci ha fatto pensare che avremmo sofferto anche più del previsto. Ma Melosi è stato bravissimo a far capire che non bisogna essere leziosi, ma duri e determinati. Da lì c’è stato il salto di qualità, la consapevolezza di essere la squadra da battere, la più forte. Ora giochiamo a memoria. Questo è un gruppo di vincenti: Giovio a inizio stagione si portava dietro qualche problemino fisico, Gheller non era convinto di poter giocare ancora. Giovio non si ferma più, Gheller al massimo lo ferma una squalifica. E Marrazzo fa gol da serie A, come quello di domenica. Giochiamo ad alto livello, come se fossimo in B, in Lega Pro. Questo appaga gli sforzi di tutti.

A 14 anni ero in Curva Nord, col mio striscioncino fatto in cantina. Poi ho guidato la curva per tanti anni. Ora faccio parte di una società che amo, che è parte della mia vita. Contribuire a farla rinascere è una delle cose più belle che mi sia mai capitata, lo ricorderò finché campo. Sono fiero e orgoglioso di me stesso. Adesso dobbiamo lavorare sulla continuità del futuro: Varese merita i professionisti e lì deve tornare.

L’entusiasmo, che deve trascinare tutto il resto. Questo è il Varese dei tifosi: i dirigenti sono tifosi che sono stati sugli spalti, in trasferta, che hanno fatto gli striscioni con i pennelli. Più sali e più è difficile, ma l’anno prossimo dobbiamo essere ancora la squadra da battere, dobbiamo essere ancora visti come quelli di un’altra categoria. Siamo invidiati, anche se veniamo da un fallimento che nessuno invidia. Ma gli altri vedono i nostri ragazzi, l’ambiente così unito. Tutto questo deve rimanere. Ricordiamoci che questo è l’anno zero da cui trovare lo slancio per tantissime altre cose, a partire dal settore giovanile che deve tornare a essere, come è sempre stato, un fiore all’occhiello di questa società.