La qualità è sulla carta, ma la squadra non c’è. Per reagire bisogna avere fiducia nei compagni

Il Varese di Voghera poteva vincere, ma la vittoria è andata alla padrona di casa. Il punto di Gabriele Galassi

Che scoppola. Amara, indigesta, pesantissima. Il Varese di Voghera poteva vincere, eccome se poteva: dopo un primo tempo così (gioco, occasioni, grinta, corsa, personalità, voglia) finire sotto fa male. Anche perché nel gol dell’1-0, oltre all’errore di Arca (e di chi lo sta a guardare mentre sbaglia) c’è pure un bel po’ di sfortuna – per altro già vista: quante volte la palla che sbatte sulla traversa si impenna e precipita a mezzo metro dalla riga, solo da spingere dentro? No, esatto: mica tante.

Poi però quando rimetti in piedi una partita che meriti di vincere (1-1 immediato, al 2’ della ripresa: cosa c’è di meglio?) le energie raddoppiano, la fame diventa insaziabile, lo sforzo di ognuno si moltiplica e diventa forza di tutti. È così per chiunque; tranne che per il Varese. Che si è seduto (accontentato?), ha lasciato l’iniziativa – prima mai avuta – agli avversari, si è fatto fare un gol allucinante (cross dalla bandierina e piattone rasoterra in piena mischia: incredibile) e si è avviato a testa bassa verso l’ennesima sconfitta.

Che scoppola. Amara, indigesta, pesantissima. Pure in sala stampa. Dove mentre i tifosi contestavano Iacolino, l’allenatore dell’Oltrepovoghera Andrea Balestra sintetizzava – con parole sincere e non volontariamente velenose – il problema del Varese: «Da una parte c’erano i singoli migliori; dall’altra c’era una squadra».

Iacolino – a cui riconosciamo l’enorme merito di metterci la faccia, di fronte alle critiche e pure agli insulti, difendendo i suoi – può e sta cambiando molto spesso, sia in termini di schemi (perché così tanti?) che di interpreti (sicuro di non aver dato troppa fiducia a chi, nel momento della verità, ti gira le spalle?). Ma la reazione non può che arrivare dai giocatori: ci sono curriculum importanti, personalità forti e qualità indubbie. Ma tutto sparisce quando si arriva a Varese e si gioca per questa maglia: è

l’opportunità di una carriera intera, che sia all’inizio o alla fine. Da sfruttare, onorandone e cavalcandone lo spirito. Che è quello di umili nessuno che diventano qualcuno. Che lavorano a testa bassa ma combattono a testa alta. Che sono seri mentre si divertono e si divertono quando non è il momento di essere seri (finito l’allenamento, dopo una partita). Che credono di essere piccoli e per questo possono diventare grandi. Che hanno fiducia e difendono i compagni. Che uniscono le forze per esaltare le qualità dei singoli. Che mettono il gruppo davanti a loro stessi.