Lazio-Varese 32 anni dopo Per chiudere la ferita del secolo

Piange , piange a dirotto nello spogliatoio dello stadio Olimpico di Roma.

È il 6 giugno del 1982 e il Varese ha appena perso 3-2 con la Lazio la partita che poteva valere la serie A, dopo aver dilapidato un vantaggio di due gol. Il massiccio difensore è piegato su una panca di legno dello spogliatoio, con la testa fra le mani e le lacrime che scorrono sul suo volto: neppure questa volta gli è riuscito di strappare quella promozione impossibile, chissà perché, fin dai tempi del Monza.

Anche il Varese di ha ripercorso lo stesso copione che per i brianzoli era una costante: dominare a lungo il campionato per poi crollare (inspiegabilmente?) nel finale e perdere la A.

«Venduti, venduti» grideranno il 13 giugno del 1982 alcuni tifosi al Varese che, dopo il scioccante 2-3 dell’Olimpico, si accontenteranno a Masnago di un inutile 1-1 con la Pistoiese, all’ultima giornata di un campionato di B in cui avevano dimostrato di essere più forti di tutti.

La A doveva essere la giusta conclusione per i biancorossi e per Giuliano Vincenzi a cui è rimasta dentro una ferita forte, forse insanabile.

In un pomeriggio di sole dell’autunno 1999, quando allenava la Berretti del Varese sul campo in terra, dietro ai distinti del Franco Ossola, negli occhi dell’ex difensore brillava tanta tristezza: «Per chi ci credeva veramente, la sconfitta dell’Olimpico è stata un dramma. Per chi ci credeva veramente».

Le parole di Vincenzi non sono esplicite come quelle del suo compagno che nel 2010, per le celebrazioni del centenario biancorosso, ha fatto capire una realtà: il sogno della A s’infranse cadendo in mille pezzi anche per la volontà della dirigenza di allora, felice di scansare l’onere di una costosa promozione per rimanere ancorata al palcoscenico cadetto, ideale per lanciare i giovani giusti, per valorizzarli e per monetizzare. Lo ha riconosciuto anche lo storico sponsor dell’epoca rilasciando una inequivocabile dichiarazione in questo senso al giornalista , immortalata in un suo filmato che tenta di fare chiarezza sulla partita più drammatica nella storia del Varese.

Oggi, dopo 32 anni, sappiamo più o meno come tirò il vento quel giorno ma è sulle lacrime versate in quel tremendo 6 giugno da Giuliano Vincenzi che rimangono inquietanti interrogativi. Pianse solo per la sconfitta e per aver perso, per l’ennesima volta la A, beffato sempre a un passo dal traguardo? Oppure pianse perché tradito dalla società o, peggio, dai compagni che non ci credevano davvero?

Non abbiamo la risposta e per rivivere la cronaca di quel giorno ci siamo affidati a una voce non di parte: quella del quotidiano La Stampa e del suo racconto distaccato e imparziale.

«Con una tripletta siglata da contro due gol messi a segno dal Varese, la Lazio ha tolto alla squadra lombarda l’ultima speranza di promozione. I «fuochi d’artificio» all’Olimpico si sono completati con un palo per parte ma è il Varese a poter recriminare per aver gettato al vento una grossa occasione.

Basti infatti considerare che la formazione di Fascetti, dopo appena 14 minuti conduceva con il punteggio di due a zero. Il vantaggio sembrava il chiaro risultato di una netta prevalenza che aveva messo alle corde una Lazio caotica e fragilissima in difesa.

Con una andatura spumeggiante – emergevano , , , – i lombardi filtravano con disinvoltura fra le maglie del centrocampo avversario, segnando il primo gol al 6’: si avviava velocissimo sulla fascia sinistra a fondo campo, da dove faceva partire un cross «sbucciato» da Mastalli.

Con la difesa laziale in «panne», l’accorrente Turchetta centrava il bersaglio da corta distanza. Al 12’ sorvolava su un fallo da rigore commesso da ai danni di . Ma era ancora il Varese, con la sua rapida manovra, ad andare in gol per la seconda volta al 14’: Di Giovanni effettuava un cross dalla destra, , attorniato da tre avversari, riusciva a trovare lo spiraglio giusto per battere in uscita».

«A questo punto, considerato anche il tono dimesso della Lazio che non riusciva a trovare una minima organizzazione di gioco, per il Varese si profilava nitidamente il successo della speranza.

Forse è stata l’eccessiva sicurezza a tradire la formazione lombarda che però ha trovato sul suo cammino un formidabile D’Amico, svegliatosi improvvisamente. Dopo aver trasformato di precisione al 26’ un calcio di rigore, concesso per atterramento di da parte di Bongiorni, D’Amico si esibiva due minuti più tardi in un autentico pezzo di bravura, consentendo alla Lazio di pareggiare. Il centrocampista biancoceleste otteneva una punizione per fallo di Di Giovanni dalla linea laterale destra dell’area: invece di crossare,

D’Amico tirava direttamente in porta a fil di palo, sorprendendo nettamente il portiere , ingannato anche da una leggera deviazione di . La partita si accendeva nella ripresa: con il Varese che sembrava aver esaurito la sua carica di entusiasmo e di energie, la Lazio, pur non brillando, prendeva in mano le redini della manovra guidata magistralmente da D’Amico, aiutato dal dinamico . Al 48’ mancava un gol sicuro centrando il palo. I lombardi, fiutando il pericolo, tentavano il tutto per tutto gettandosi in avanti ma con idee non brillanti come quelle ammirate nel primo tempo. Al 73’ la Lazio riusciva a raccogliere il frutto della sua generosa reazione. Su un calcio di punizione battuto lateralmente da Chiarenza stava per colpire di testa che veniva spinto da un avversario. Per Agnolin era fallo da rigore, che dopo molte proteste del varesini D’Amico trasformava con un tiro debole ma astuto».

© riproduzione riservata