Mercato, tra “voglio” e “non posso”

Correttivo sì o correttivo no? Un po’ di chiarezza sulla reale situazione della Openjobmetis Varese

Mercato sempre aperto? Gli occhi dei manager non si chiudono di certo. Ma da qui a ipotizzare concrete chance operative il passo è lungo e pieno di controindicazioni. Recte: di impossibilità. Oggettive, verrebbe da scrivere.

La Openjobmetis Varese ultima in classifica si interroga al suo interno sulla scelta di ricorre a un correttivo nel roster in vista del rush finale verso la salvezza, traguardo da conquistare nelle ultime undici giornate di campionato partendo dalla posizione peggiore possibile: il fondo del gruppo.

Su un argomento tanto delicato occorre almeno un tentativo di fare chiarezza. L’area tecnica biancorossa è al momento vigile sui movimenti dei giocatori nei quattro angoli del globo cestistico, pienamente consapevole della “perfettibilità” (eufemismo…) dell’organico attuale. Un intervento sul mercato è chiesto a gran voce anche dai tifosi, oltre che dai risultati conseguiti finora, ma si scontra con una realtà “di cassa” che dovrebbe sconsigliare alla società ulteriori esborsi economici da qui al termine della stagione.

Piazza Monte Grappa è stata chiara – anche su queste colonne – sulla situazione economico-finanziaria che si è trovata a gestire nella stagione corrente come eredità di quelle passate, situazione che sta richiedendo sforzi enormi di dirigenti e consorziati per trovare una definitiva risoluzione. Riservare risorse per il mercato – che al momento comunque non ci sono e si potrebbero trovare solo tramite un contributo “ad personam” di un consorziato, di uno sponsor o di un qualunque altro “benefattore” – significherebbe toglierne al risanamento dei conti. La coperta è corta: se metti da una parte, sei costretto a scoprirti dall’altra. Varese, questa Varese, può permettersi di farlo senza mettere in pericolo – per l’ennesimo anno – la sua sopravvivenza? La risposta del cda, che rispetto al passato è oggi pienamente operativo e decide a maggioranza, è stata finora un “no” secco e poco confutabile, almeno analizzando con razionalità i conti di cui sopra.

Il campo e la sua parabola spingerebbero, è inutile nasconderlo, in una direzione diversa. E di questo ne è consapevole anche lo staff capitanato da coach Attilio Caja, che mai si sognerebbe di bloccare l’arrivo di un eventuale rinforzo. “L’Artiglio” è un “aziendalista”, ovvero una persona che non si mette a puntare i piedi nel momento in cui non viene accontentato nei suoi desiderata tecnici, conscio del fatto di essere arrivato ad allenare in una realtà costretta a fare sacrifici per chiudere con un passato economicamente sconsiderato. Da qui a far passare Caja come “colui che ferma il mercato”, però, ce ne passa. Potesse, il coach, attingerebbe a piene mani ai correttivi: sotto le plance, dove si è letteralmente inventato un Giancarlo Ferrero ala forte ed è costretto a rinunciare all’apporto di un Kangur impresentabile; o nello spot “3”, dove sarebbe utile un giocatore con tiro e punti nelle mani, spostando Eyenga in ala forte; o in guardia, mettendo tra Maynor e Johnson, che diventerebbe ala piccola, un atleta che possa essere loro complementare

Ma non è lui a poter dare il via libera al “messia” della salvezza: lui, come sempre ha fatto, lavora con quello che ha. Morale? Si resta così, a meno di trovare lungo il cammino occasioni irripetibili (leggi un’entrata che possa essere coperta da una transazione favorevole con uno dei dodici attualmente nel roster: difficilissimo, alle porte di marzo…) o di cambiare l’intendimento del cda. In un contesto così complicato, a costare caro potrebbe essere stato un errore, tale ovviamente con il benedetto senno del poi: l’avvicendamento dei “Johnson” quindici giorni prima di esonerare Paolo Moretti, privando il subentrante dell’unica “mossa” a disposizione in virtù delle reali disponibilità economiche della Pallacanestro Varese.