Michele Lo Nero e “La Provincia” Noi non staremo mai zitti

Alzi la mano chi pensa che da oggi “La Provincia di Varese” possa diventare paracula, leccapiedi e conformista nei confronti del Varese dopo nove anni vissuti alla morte, ogni giorno come fosse l’ultimo, sempre sulla barricata “sbagliata”, quella meno conveniente. Se sei soldato, non muori generale. Se ascolti la gente, non sbagli mai. Se scrivi per “La Provincia”, sei pronto a uccidere per il Varese e noi lo siamo: prendere o lasciare.

Sulle barricate con la famiglia Sogliano, contro la città dei potenti e il Comune (indimenticabile assessore Zagatto, quello dei «quattro gatti allo stadio» poi moltiplicatisi per quattromila); sulle barricate contro la società (Montemurro e i suoi bracci destro e sinistro), alleati di chi non vedeva e non vede un euro, pur lavorando per il Varese, e di chi sentiva soffocare regole e valori; sulle barricate contro il resto del mondo (dall’Alessandria alla Cremonese, dal Novara a Criscitiello), soli con il popolo.

Damiano Franzetti ha fatto benissimo a chiedere al neo amministratore delegato Michele Lo Nero: «Come pensa di coniugare il ruolo di editore di un giornale che ha fatto la guerra al suo predecessore con quello di amministratore delegato biancorosso?». Traduciamo: Lo Nero avrà a disposizione un quotidiano che farà prima i suoi interessi, visto che paga gli stipendi ai giornalisti che ci scrivono, o quelli del Varese, dei tifosi e di un bene comune della città?

Rispondiamo a Damiano, perché nel suo dubbio c’è tutto.

1) Il problema non sarà l’atteggiamento della «Provincia» (ci penseranno i lettori a emettere la sentenza finale e, un pochino, i nove anni della nostra storia) o di Michele Lo Nero nei nostri confronti (ci penseremo noi), ma quello di salvare una società sull’orlo del fallimento. Il Varese è un fiore immerso nella cacca, strozzato da milioni di debiti: basta un’istanza da parte di un qualunque creditore, si va in tribunale e tutti perdono tutto.

Serve un piano di rientro dai 9 milioni di passivo, vanno saldati i conti: con i dipendenti e gli steward, gli albergatori e i farmacisti. I soldi – dagli abbonati alle cessioni di mercato – servono a questo: camminare a testa alta invece che nascondersi di fronte a chi ti rincorre a tasche vuote. Non abbiamo paura del -3 (vinceremo la prima partita) o del -6 del 16 settembre (vinceremo anche la seconda e la terza), ma dell’incoscienza-coscienza collettiva del rischio che corriamo: vivere o morire dipende da ciò.

2) Onestà, pulizia, verità, trasparenza: questo reclama la gente, questo è mancato al Varese. E questo dovrà portare con sé Lo Nero, più che vivaio e marketing (benvenuto, Marcello Vitella), che non s’inventano perché ci sono sempre stati. Ne va semplicemente onorata l’eredità inventandosi qualcosa di nuovo, visto che il settore giovanile è stato gestito alla grandissima negli ultimi vent’anni e dall’Eccellenza a oggi il marketing è stato più forte della prima squadra (la festa in piazza Monte Grappa o i seimila bimbi delle scuole calcio sono gli ultimi esempi: grazie e riprovaci, Paola Frascaroli). Nessuna delle 21 società di B ha mai scovato e lanciato De Luca, Pisano e Lazaar in così poco tempo (ma pensate agli allievi e ai giovanissimi venduti ai club di A per fare cassa), ricavando guadagni colossali: rilanciare il vivaio, perché? È sempre stato lanciato e rilanciato da Giorgio Scapini. Voltare pagina nella vita si può, ma c’è un libro già scritto: che si rispetta e non si cancella.

3) Non rompete le scatole a Bettinelli, lasciatelo far gruppo e fatelo sguazzare nello spogliatoio. Non inquinatelo di menate, ordini, diktat. Il Betti è spirito, aria che corre libera e veloce: se è convinto di resuscitare Lupoli, lasciateglielo fare. Se detta le regole insieme ai suoi giocatori, società e tifosi si adeguino.

4) Lo Nero ci conosce, non stiamo zitti e c’è un solo guinzaglio: quello dei tifosi. Il giornale è della gente, come il Varese prima che qualcuno lo usasse per fini personali. Michele, restituisci questa società a chi gli appartiene (la squadra e il Betti lo sono già), cioè ai varesini. Al Varese manca una faccia pulita: ridagliela e ti applaudiremo. Altrimenti…

Andrea Confalonieri

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