Per lo zio Sep, quello con la Tre Valli era un appuntamento fisso, uno di quelli che proprio non si poteva saltare. Si metteva lì a bordo strada, seduto dietro a a un tavolino con l’elenco dei partenti, un ombrellone a ripararlo dal sole o dalla pioggia. Sempre, ogni anno, fino alla fine. Un paio d’ore prima del passaggio del gruppo, diceva alla zia Pina “Vò a vidè i Tre Val”, e non rientrava finché l’ultimo dei corridori non era passato. Per noi la Tre Valli è sempre stato questo, e questo sempre sarà: una fetta della nostra storia, un momento del nostro passato che ciclicamente si ripresenta, un ricordo che non morirà mai. Come facciamo a non volerle bene?
Ecco, ecco cosa ci viene da rispondere ogni volta che sentiamo qualcuno che si lamenta, a quelli che «Ma non si può fare di domenica?» (no, testoni: la domenica si possono correre solo le gare del World Tour), a quelli che «Ma è possibile chiudere una città per una corsa?» (non solo è possibile, è bellissimo). Non riusciamo a immaginarci una Varese senza la sua Tre Valli, sarebbe un po’ come buttar giù il Bernascone o cancellare d’un colpo solo Sacro Monte e Campo dei Fiori. Ecco perché siamo grati, sinceramente grati, dannatamente grati a chi continua a organizzare questa corsa, nonostante tutto e nonostante tutti.
Una corsa splendida, che davvero si meriterebbe di entrare nel circuito delle corse che contano (così si correrà la domenica: cosa si inventeranno poi i brontoloni?). Ecco perché siamo felici per lo spettacolo andato in scena ieri ed ecco perché allo stesso tempo siamo dispiaciuti.
No, non si può minimizzare: con quell’auto piombata sul gruppo lanciato a tutta velocità nella discesa di via Valle Luna si è sfiorata la tragedia. Non voltiamo la testa da un’altra parte: quello che è successo, non sarebbe dovuto succedere. Un fatto gravissimo, che speriamo non vada a macchiare la bravura e l’impegno di chi da anni si sbatte per organizzare la nostra Tre Valli, e che non merita di pagare per colpe di altri.