«Orgoglioso dei miei ragazzi a Crotone. Un giorno tornerò al Franco Ossola»

Cuore biancorosso - L’amore senza fine per il Varese e l’amicizia con Spartaco Landini: parla il “Betti”

Esiste qualcosa di più bello che parlare di calcio con un amico? E di cose da raccontarci, con Stefano Bettinelli, ce ne sono parecchie: il Crotone dei grandi ex che trionfa e sale in serie A, il Leicester di Claudio Ranieri, ma anche il suo anno senza calcio e l’amicizia con Spartaco Landini. Senza dimenticare un grande e infinito amore chiamato Varese. E sì, tranquilli: il Betti tornerà al Franco Ossola. E quel giorno lo accoglieremo come merita un vero cuore biancorosso.

Il Crotone gioca un calcio che mi piace molto per mentalità: propositivo, in avanti, di costruzione più che di distruzione. Ma attenzione: non è una sorpresa, nemmeno un miracolo. Il Crotone è costruzione, lungimiranza. È un lavoro che parte da lontano, di programmazione. Una società che ha cambiato tanto negli anni ma che ha sempre avuto la capacità di stabilire i propri obiettivi. Voglia di lavorare e di investire sui giovani. Due anni fa con Massimo Drago giocavano il calcio più bello della serie B e arrivarono ai playoff. L’anno scorso si sono salvati e anche quando erano ultimi in classifica la società ha aiutato l’ambiente a stare sereno. Quest’anno hanno trovato 4/5 giovani importanti e trascinati dall’entusiasmo hanno centrato la serie A: complimenti.


Sono orgoglioso di questi ragazzi con cui ho avuto la fortuna di lavorare. Claiton ha raccolto il frutto dei suoi sacrifici e del suo lavoro: non solo capitano, per me anche il miglior difensore del Crotone. Su Barberis e Capezzi ho sempre creduto molto. Quando Andrea ci venne consigliato andai io a Finale Ligure a visionarlo e dire a Beppe e ai dirigenti che su di lui ci si poteva scommettere: fece una gran Primavera con Mangia,

poi andò a Palermo e Pisa, e quando tornò era pronto per la categoria. Sono contento si sia tolto questa enorme soddisfazione: salire in A da protagonista sarà un bel ricordo per sempre. Leo, che arrivava dalla Primavera della Fiorentina, mi colpì subito per disponibilità e capacità: era spensierato e intelligente allo stesso tempo. Nunzio lo volevo, di ali come lui in B ce ne sono poche e con noi si comportò da grande professionista. Sono molto contento per loro.


Di certo tra B e A c’è un abisso: non bastano gioventù, entusiasmo, buone giocate. In serie A subentrano molti altri fattori. Ma il direttore Giuseppe Ursino sarà costruire una squadra competitiva come ha fatto in questi anni. Lui e Juric hanno le idee chiare e sapranno fare bene.


Sono contento che un allenatore italiano si faccia onore in un campionato difficile come la Premier. Un allenatore e un uomo che ha sempre vissuto di lavoro e non di immagine. Carpi, Crotone, Leicester: ecco perché il calcio è lo sport più bello che c’è. Non bisogna mai smettere di sognare: se si crede negli uomini, nei valori e nei sentimenti giusti si può fare anche qualcosa che sembra impossibile.


Lascio queste osservazioni agli altri, posso e voglio solo parlare di me. Io sono una persona che non vuole lavorare a tutti i costi: voglio farlo dove posso esprimermi. Per me il calcio è anzitutto una grande passione e se non posso dare tutto me stesso preferisco far altro. Comunque continuo a perseguire questo sogno con forza e determinazione. Sono orgoglioso che a Varese ci sia ancora gente che mi vuole bene. Il Varese per me è stato tutto: come giocatore, come allenatore, come uomo. L’amore che provo per il Varese è viscerale: non è stato lavoro, è stato la mia vita. Varese e i suoi colori mi appartengono e io appartengo a loro. E forse è anche per questo che non è facile trovare un altro posto.


Ho usato il tempo per vedere tante partite, allenamenti, confrontarmi coi colleghi. Sono tornato un po’ a scuola, facendo quelle cose che non si ha il tempo di fare quando si allena. Certo, il campo manca sempre.


Tra noi si è creato un rapporto bellissimo perché esula dall’ambito sportivo: le partite sono un pretesto per vederci. Provo grande rispetto per lui, mi sono affezionato, gli voglio bene: a livello professionale mi ha dato e insegnato tantissimo. Spartaco è una di quelle persone che nella vita è bello conoscere.


Sì, l’ho seguita, anche se da lontano. È molto importante che sia arrivato questo risultato e che la gente sia tornata allo stadio. Ci tornerò anche io, ma quest’anno non era il momento: la ferita è ancora aperta.