«Padroni di passaggio che non nutrono affetto: Ma cosa c’è sotto?»

Il parere di Giancarlo Pigionatti, giornalista e cantore del grande Varese e del basket che vinse e ci fece sognare, sulla situazione del pallone biancorosso

– Cosa volete che vi dica: son persone sconosciute, gente di passaggio che offre ai tifosi varesini».guarda alle attuali vicissitudini societarie con un certo . «Saranno anche animati dalle migliori intenzioni – aggiunge a proposito di e dei suoi collaboratori – ma , e le cronache di queste ore non ci permettono certo di stare tranquilli. D’altra parte, bisogna pur aggiungere una cosa».


Se aspettiamo l’imprenditoria varesina, possiamo aspettare a lungo. Beninteso, la ritrosia dei nostri industriali è perfettamente comprensibile: può offrire il calcio in Lega Pro? A meno che non si sia perdutamente innamorati dei colori, è difficile che si decida di investire nel Varese in questo momento. Nel basket sono riusciti a garantire una certa continuità grazie all’idea del consorzio, nel calcio bisogna affidarsi a chi arriva… Ma la vera domanda che mi faccio è un’altra.

Perché questa gente ha preso il Varese? Perché mettono le mani su una realtà verso la quale non nutrono nessun interesse affettivo?


Si parla tanto di business, ma mi sembra che, gratta gratta, sotto non ci sia proprio niente. Non posso dire nulla di questa società, né in bene né in male, : con nome e cognome, ma pur sempre un vuoto.

Le cronache dicono che, nonostante il passaggio delle quote, il futuro del Varese rimane labile, incerto.

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Nulla di nuovo sotto il sole. Queste cose non mi sorprendono più. Certo, quando uno guarda le partite non pensa quasi mai alla malafede. Ed è anche vero che la maggior parte delle gare è pulita. Ma là dove c’è il denaro, possono sempre nascere tentazioni e magagne. Quanta ne abbiamo vista di gente che sembrava irreprensibile e non lo era? In questo caso il presidente del Catania avrebbe comprato le partite addirittura per salvare la squadra, e anche qui torna in gioco il vil denaro, perché c’è differenza tra stare in serie B o in Lega Pro.


Sinceramente: né caldo né freddo. Mi sono indignato già una volta, dopo l’altro fallimento: tornai a vedere il Varese solo in serie C. Adesso la cosa non mi toccherebbe più di tanto, come un amante tradito che non ci casca per la seconda volta. Certo, mi dispiacerebbe: ma già la Lega Pro mi andrebbe stretta, per il tipo di calcio che si gioca: figuriamoci i dilettanti. Bisognerebbe tornare in piccoli paesi, in stadi da oratorio. E per tornare su ci vorrebbero ancora anni.


Un grande precursore, un pioniere dell’approccio scientifico alla preparazione. Nessun’altra società aveva una figura così all’avanguardia. Ricordo che gli stessi giocatori non capivano immediatamente l’utilità di certi esercizi. Dicevano: dobbiamo fare gol, mica la maratona o la corsa campestre. Ma alla fine si dovettero ricredere, perché grazie ad Arcelli migliorarono molto. È come se li avesse portati tutti a scuola.