«Quei trofei sono una parte di me»

Oggi all’asta le coppe vinte dal Varese 1910, compresa quella della storica promozione in B del 2010. Sannino: «Non proverò ad acquistarla perché appartiene alla gente. A me basta il ricordo di quei giorni»

Fra i trofei che vanno all’asta questo pomeriggio (sul sito www.astexpo.it, il termine è fissato alle 16) ci sono anche i due più preziosi conquistati dal Varese 1910 nella sua breve storia, durata 11 anni. Per acquistare la coppa della promozione in Serie B, ricevuta nel 2010, si parte da 30 euro, per quella vinta nel campionato precedente, che aveva portato i biancorossi in Prima divisione, la base d’asta è di 10 euro.

Sembra che i dirigenti del nuovo Varese Calcio si stiano muovendo per portarsi a casa un frammento di storia, il cui valore è inestimabile per chi l’ha vissuto e potrebbe finire nelle mani di ciascun tifoso biancorosso perché l’asta è pubblica. I trofei di cui abbiamo parlato all’inizio sono stati messi in fila, l’uno dopo l’altro, dalla squadra guidata da Beppe Sannino. L’allenatore, che non sarà mai un ex, perché ha una V tatuata dentro il cuore,

oltre che sul polso, sa quanta fatica c’è voluta per ottenere le coppe: «L’asta – osserva – si porta via una parte del tragitto compiuto dal Varese 1910. Questi cimeli ci sono costati tanto sudore e chi li farà suoi potrà sentirne l’odore e ascoltare i nostri sorrisi e gli applausi di tutti i tifosi che ci sono stati sempre vicini accompagnandoci in Serie B».
L’artefice della doppia promozione è stato Sannino e, quando lo ribadiamo, il tecnico cambia discorso: «No, non sono io l’artefice, sono solo uno che, come gli altri, ha dato il suo contributo per la vittoria. Chi comprerà le coppe e le guarderà in salotto, avrà un pezzo di storia del Varese in casa sua e si ricorderà per sempre di quanto ha goduto insieme a noi per quei momenti indimenticabili. Sono attimi speciali della mia vita che non possono più tornare. Se ne possono solo vivere di nuovi e auguro al Varese di scrivere altre pagine così ricche di emozioni».

La squadra di Sannino è quella di cui ci si ricorda di più e anche questa osservazione stimola un’obiezione dell’allenatore: «In fondo, dopo di me, è arrivato Rolando Maran, che s’è avvicinato ancora di più alla Serie A, avendo giocato la finale dei playoff contro la Sampdoria. Perché allora ci si dovrebbe ricordare di più del mio Varese?». Sannino vuole che rispondiamo davvero alla sua domanda e la prima cosa che ci viene in mente è l’atmosfera suscitata dai suoi biancorossi, capaci di portare il clima di una arena al Franco Ossola. Il tecnico replica: «Lo stadio, più che a una arena, assomigliava a un santuario, era il nostro teatro, dove la gente sapeva che non avremmo mai perso. Il segreto del mio Varese è che è nato in una quotidianità di cui non facevano parte solo la squadra, i giocatori, lo staff, l’allenatore e il direttore sportivo. Ma tutta la città era protagonista, insieme a ognuno dei nostri tifosi. Abbiamo vissuto tre anni splendidi, respirando vie, piazze, bar, negozi e fermandoci a parlare con tutti. Tutti, appunto, sono stati artefici, dai tifosi ai magazzinieri. La B ce la siamo conquistata così e non potrò mai scordare che, alle nove della mattina della giornata decisiva per salire in B, allo stadio c’era già una folla per preparare le coreografie per la finale dei playoff con la Cremonese. I miei ragazzi hanno fatto vivere ai varesini lo spirito di una grande città calcistica e la nostra forza è stata la condivisione con la città e con i paesi vicini, dove andavamo per allenarci su campetti di periferia e venivamo sempre coccolati dall’affetto delle persone».
Sannino non parteciperà all’asta: «Perché – spiega – queste coppe se le deve godere la gente. Il Varese 1910 non c’è più ma è incominciato un nuovo ciclo, a cui auguro di sollevare al cielo nuove coppe come queste».