«Salvarsi è durissima. Noi, i tifosi e la stampa uniti ce la facciamo»

Intervista ad Alessio Pala, allenatore della Pro Patria

Dopodomani alle 15 la Pro Patria gioca a Gorgonzola contro la Giana Erminio. Mister Alessio Pala, la prima cosa che ha detto arrivando a Busto è stata: “è dura”. È cambiato qualcosa? «Adesso non è dura. È durissima. Quando sono arrivato la squadra era a tre punti dal penultimo posto; adesso, dopo quattro partite, i punti di distacco sono 6. Quindi la situazione è peggiorata».

Sì, è ancora molto indietro, sotto tutti i punti di vista. Ora bisogna cercare di recuperare qualche infortunato. E dobbiamo sperare di arrivare non ancora spacciati alla fine del girone di andata.

Voglio solo giocatori motivati. Chi arriva deve essere convinto di darci una mano, altrimenti è inutile.

È difficile, ma ci crediamo, sia io che la squadra. In allenamento vedo sempre grande entusiasmo: so che non è sufficiente, ma è comunque qualcosa di positivo. Ultimamente noto anche una maggiore compattezza tra proprietà, pubblico e stampa. Possiamo salvarci solo se tutte le componenti della Pro Patria resteranno unite.

Mi piacciono le persone con cui lavoro. Il mio staff, i tifosi anziani che mi raccontano i tempi d’oro della Pro Patria.

Ora sono concentrato solo su un obiettivo: salvarci. Per il futuro posso dire solo una cosa: in generale non guardo la categoria, ma le persone. Perché una società è fatta dalle persone che la compongono. Quelle con cui lavoro oggi sono persone di Serie A.

Diciamo che ne ho allenati tanti: Montolivo, Pazzini, Bonaventura, il povero Morosini, Agazzi, Canini, Rolando Bianchi, Baselli, Zaza, Gabbiadini, Belotti all’AlbinoLeffe…Potrei continuare. Bonaventura l’ho proprio scoperto io.

Nel 2000 sono andato a vedere una scuola calcio a Tolentino, nelle Marche. Per farla breve: in quella scuola calcio vidi due bambini di 10 anni che mi impressionarono tecnicamente. Erano Bonventura e Marilungo. Li portai entrambi all’Atalanta, poi Marilungo preferì andare alla Sampdoria.

Senza nulla togliere agli altri, dico Piermario Morosini. Aveva una situazione familiare particolare: mamma e papà erano morti, un fratello si era suicidato, la sorella stava in un orfanotrofio a Grumello del Monte. Nonostante tutto questo, aveva raggiunto i suoi obiettivi di calciatore, aveva dentro una forza incredibile. E poi sa, anch’io ho perso un fratello di 16 anni, annegato.

Gli amici veri son tutti fuori da quest’ambiente. Tranne uno: Ezio Panero, che ha giocato con me nel Catanzaro nella stagione ’85-’86. Io avevo 20 anni, ero spaesato, lontano da casa. Condividevamo l’appartamento e mi aiutò molto. Sono passati tanti anni ma ci sentiamo tutte le sere, come fratelli.

Da giovane mezz’ala, poi sono arretrato davanti alla difesa.

Verissimo. Quando allenavo i giovanissimi dell’Atalanta avevo grandi maestri davanti a me: Gustinetti negli allievi nazionali, Vavassori nelle Berretti, e Prandelli nella Primavera. Con colleghi così, puoi solo imparare.

La Lega Pro è la categoria naturale per la Pro Patria, la sua giusta dimensione. L’importante è che ci sia una società seria e sana. La filosofia deve essere quella di valorizzare i giovani, e perché no, portare qui qualche elemento delle squadre Primavera più forti. E poi bisogna lanciare i ragazzi del settore giovanile.