«Si combatte per la maglia, si dà l’anima per gli amici»

Il presidente Paolo Ambrosetti racconta i suoi Gorillas: «Tutti soci. E nessuno va via»

Passione, professionalità e… passione. Paolo Ambrosetti è un varesino classe 1981 che insieme ad alcuni amici si è ritrovato il 5 novembre 2012 a fondare i Gorillas Varese, squadra di football americano della città. Non è l’unica, stasera si gioca il derby con gli Skorpions, ma ci sono delle differenze.

Sono il Presidente dei Gorillas, gioco a football americano, alleno e faccio statistiche. Nella vita faccio ricerche di mercato in ambito finanziario, ma quando tolgo giacca e cravatta è facile trovarmi a tirare le righe del campo.


Nasce 16 anni fa grazie a un amico che mi chiede di andare a provare questo sport. Ho giocato in Italia, in diverse squadre; in Danimarca, dove questo sport ha molto seguito anche se vissuto in maniera diversa, meno passionale e più vichinga rispetto a qui; e in Inghilterra, dove non è molto popolare ma a Londra ho avuto a che fare con l’elite del football inglese.

Nulla, in Italia come in Inghilterra non ci sono stipendi.


Era il 2012 e con 7 amici fondiamo i Gorillas. Ci ritrovavamo in una palestra delle scuole medie, senza attrezzature né altro; ho messo tutti i miei risparmi per creare la società. Era il 5 novembre, il giorno in Inghilterra della Bonfire night: si celebra il tentativo di congiura fallito da parte di Guy Fawkes, ci sembrava un ottimo giorno per iniziare la nostra storia.


Siamo un bellissimo gruppo anche fuori dal campo, per questo abbiamo cominciato le attività di recruiting nei bar di Varese. Questo è uno sport da fare col cuore, altrimenti non lo fai giocando a queste latitudini; si combatte sempre per la propria maglia, ma si dà l’anima solo per gli amici. Nessuno è vincolato e tutti i giocatori sono soci della società, ma c’è una regola: chi se ne va non può più tornare. Forse anche per questo non abbiamo mai perso nessun giocatore.

In prima squadra siamo in 45, andiamo dai 15 ai 43 anni e abbiamo un’ottima presenza agli allenamenti.


Organizziamo trasferte low cost, in Sardegna abbiamo fatto tutto con 90euro che ciascuno di noi si è autofinanziato. Ci siamo divertiti in maniera incredibile. E a settembre abbiamo i Gorillas games, una specie di olimpiade con prove legate al bere birra.


È una partita importantissima, sancirà chi di noi andrà ai playoff. Non sarà una guerra in campo ma una partita sentita, dura ma corretta. Ci stiamo preparando molto bene.


È un impegno molto intenso, ma anche una bella responsabilità che richiede un grandissimo sforzo organizzativo: in nazionale è tutto diverso, deve essere tutto al top, un’esperienza che mi sta facendo crescere tantissimo.

C’è un abisso, dobbiamo lavorare tanto, bisogna cominciare a concepire questo sport come qualcosa di serio e radicato, sta a noi dirigenti e appassionati renderlo popolare. Si deve andare incontro ai ragazzi, avere un linguaggio semplice, scendere dalle torri d’avorio perché questo è uno sport con tante regole che vanno semplificate e portate piano piano. È un gioco che è sempre una scoperta, per questo è più bello del calcio.