«Stare sul divano non faceva per me. Ma il mio basket parlava italiano…»

Lunedì prossimo sarà Varese-Cantù: dall’altra parte della barricata c’è un canturino inedito, Toni Cappellari

Liscia, gassata o… Toni Cappellari. Dieci minuti di telefonata, dieci potenziali titoli da piazzare in alto al pezzo: i peli sulla lingua (e il rifiuto di quella teporosa e placida banalità in cui spesso si rifugiano i protagonisti del mondo dello sport) non c’erano prima e non sono cresciuti nemmeno oggi che il viaggio «dalla poltrona di casa» al ruolo di general manager di Cantù si è perfezionato.

Lunedì prossimo è in programma il derby tra la “sua” (fa un certo effetto scriverlo, visto che trattiamo di un’icona del basket milanese e di un professionista che ha ricostruito la Varese caduta in seconda serie all’inizio degli anni 90…) Red October e la Openjobmetis: avvicinarsi al match diventa allora un valido (ancorché telegrafico) pretesto per far finire “nei premi” Fip e Legabasket e per parlare di tante altre cose, dagli obiettivi della nuova avventura a un auspicio condiviso da tutti i tifosi prealpino-brianzoli. Quello di non chiudere le porte a Varese-Cantù.

Il mio basket parlava italiano, questo no. E il giorno in cui Federazione e Lega capiranno che con tutti questi stranieri in campo non si andrà da nessuna parte sarà un giorno migliore. È il pubblico che lo chiede di cambiare, da Trento a Capo d’Orlando: bisogna accettarlo e farlo il prima possibile.

Rimanere a casa seduto in poltrona a guardare la televisione non fa per me. Ma soprattutto ho accettato perché quello che mi è stato offerto è un incarico importante che arriva da una società che lo è altrettanto, nonostante al momento sia in grande difficoltà e debba essere rimessa in piedi.

Vero, ma anche da avversario, nonostante la rivalità sul campo, ho avuto ottimi rapporti con la realtà canturina, in particolare con la famiglia Allievi e con quella Corrado: accettare di risollevare le sorti della società è anche una forma di rispetto per queste grandi persone.

Mi ripeto: Cantù è in grossa difficoltà, economica e organizzativa dopo tutti i cambi e le partenze che ci sono state. La prima cosa da fare ora è ottimizzare le risorse esistenti e ripartire.

Coach Bolshakov era stanco, aveva dei problemi da affrontare e ha chiesto di fare un passo indietro: la decisione di promuovere Sodini è nata da questo.

Una bellissima Varese, anche se devo confessare di aver fatto il tifo per Milano: avesse vinto la Openjobmetis per noi di Cantù sarebbe stato peggio. La formazione di Caja ha fatto comunque un lavoro stupendo e non meritava di perdere. Mi resta solo un dubbio: la Openjobmetis è quella del Forum o quella che ha incontrato grosse difficoltà alla prima contro Venezia?

E’ corretto. Cantù oggi è solo individualità: grazie all’opera di Sodini (che lavora solo da una settimana…) contiamo di costruire una vera struttura. Varese questa struttura ce l’ha già ed è quella dell’Artiglio, un allenatore che non scopriamo oggi: le sue squadre sono organizzate e difendono. Tanto.

Condivido la sua sorpresa: la difesa non è certo fra le nostre caratteristiche peculiari…

Sì ed è Giancarlo Ferrero, che apprezzo molto fin dai tempi di Casale Monferrato.

Ho partecipato personalmente alla prima riunione avvenuta in questura a Varese e il questore mi sembrava convinto della fattibilità: spero non cambi idea proprio all’ultimo. Non esiste il derby senza la presenza dei tifosi ospiti.