Una passione, due opinioni Betti e Poz dicono la loro su Balotelli

Colpa di Balotelli o non colpa? Fenomeno o non fenomeno. Dopo la fragorosa uscita di scena degli azzurri, l’argomento principale è lui, Mario Balotelli. Secondo molti ha deluso le aspettative sul campo, ma ha anche avuto un impatto negativo sulla spedizione azzurra. Balotelli or not Balotelli, this is the question. Abbiamo chiesto ai due condottieri di Varese, Stefano Bettinelli e Gianmarco Pozzecco, cosa ne pensano del personaggio e del suo Mondiale, ma soprattutto come lo gestirebbero all’interno del loro gruppo.

«Mario ha giocato un brutto Mondiale, doveva essere la stella e non lo è stato – afferma Stefano Bettinelli – ha deluso le aspettative che si erano create attorno a lui, quindi il suo Mondiale è stato sicuramente negativo».

È un personaggio difficilmente decifrabile, e allo stesso tempo non è mai stato semplice da gestire per chi lo ha allenato: «Non voglio esprimere giudizi personali o pontificare su una persona che non conosco. Però pensando al tipo di personaggio, e non è l’unico, io giocatori con un carattere così in squadra preferirei non averli. Quando la qualità non è al servizio della squadra, è praticamente inutile. Mi viene in mente sempre una pubblicità, la potenza è nulla senza il controllo».

In quel Varese che il Betti ha salvato, quindi, non ci sarebbe stato posto per un Mario Balotelli: «Assolutamente no, in nessuna situazione. Ripeto, non ho nulla contro di lui personalmente, ma in nessun modo un giocatore come lui mi è congeniale. Mille volte meglio un calciatore tecnicamente meno valido, che però sputa sangue per i suoi compagni. In un gioco di squadra come il calcio, chi non rende al massimo non è utile allo spogliatoio. Preferisco rinunciare ad un pizzico di talento, in favore di attaccamento al gruppo ed alla maglia».

Di diverso avviso il Poz, che con Balotelli in parte condivide una carriera burrascosa, istrionica, con alcune analogie ma anche con profondissime differenze: «Io parto dal presupposto – esordisce Gianmarco – che Mario ha avuto un’infanzia difficilissima. Ha vissuto la piaga del razzismo sulla sua pelle, e non è mai semplice. Diciamocelo chiaramente, il razzismo c’è, esiste, ma noi non lo viviamo in prima persona. Il fatto che nonostante le sue vicissitudini si sia costruito una vita felice, gli fa onore, però proprio per questo vorrei vederlo sorridere di più».

Forse però i calciatori subiscono una quantità esagerata di attenzioni, dentro e fuori dal campo: «Sono d’accordo con quello che dice Boban, ossia che un pizzaiolo lo giudichi per la pizza che fa, il taxista se ti porta a destinazione, ma il calciatore no. Viene giudicato sia per quello che fa in campo sia per quello che fa fuori, e per me è una sciocchezza. Anche io ho fatto le mie stupidate, e spesso mi sono state concesse perché sul parquet rendevo bene. La domanda che mi sorge più spontanea è: che cosa ha dimostrato finora Balotelli? Quanto è forte Balotelli? Credo che a prescindere da ogni discorso, sia necessario partire da questo quesito. Al momento non ha dimostrato costanza di rendimento».

Due caratteri simili, a volte sopra le righe. Una sostanziale differenza: il Poz viveva e giocava per un gruppo, amava e si faceva amare dai suoi compagni. Mario probabilmente no.

Gianmarco allenatore come gestirebbe Balotelli? «Io lo tratterei come un figlio, cercherei di conquistare il suo affetto ed il suo rispetto. Vorrei metterlo nella condizione di fare lui un passo avanti verso lo spogliatoio. Con tutti i soldi che guadagna a quest’età, deve fare lo sforzo di capire quali sono le reazioni giuste e quali quelle sbagliate. Io da giocatore sono stato gestito da Meo Sacchetti, che mi ha voluto davvero bene, conquistando il mio rispetto. Ripeto, io mi comporterei come se fosse mio figlio, anche se il dna direbbe il contrario».

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