Tappa noiosa. Dopotappa di fuoco

La frazione dolomitica regala poche emozioni. I big non si fanno male, finché restano in sella...

La tappa dolomitica ha regalato meno spettacolo del previsto, almeno sulla strada. Ad infuocarsi è stato più che altro il finale di tappa, con il botta e risposta al microfono tra Tom Dumoulin e Vincenzo Nibali. Piccolo riassunto: Quintana e Nibali hanno sostanzialmente scortato Dumoulin al traguardo, disinteressandosi degli attacchi degli altri avversari più indietro in classifica generale nell’ultima salita. Un messaggio chiaro dei due inseguitori: si cerca la vittoria, il colpaccio, e non il piazzamento.

La tattica non è per nulla piaciuta a Dumoulin, che nel post gara ha commentato così: «Sarebbe bello se perdessero entrambi il podio. Continuano a marcare me e non si preoccupano di Thibaut Pinot che è andato via ed è più forte di loro a cronometro. Non capisco perché nel finale non abbiano lavorato con me: si sono alleati ma hanno finito per perdere un minuto da Pinot e Pozzovivo». Parole pesanti, da padrone della corsa, farcite da una punta di arroganza e di spavalderia: Dumoulin finora ha dimostrato di essere il migliore in corsa, senza dubbio, ma ha di fronte a lui Nibali e Quintana, due che sanno come si vince. Le dichiarazioni dell’olandese non sono andate giù allo Squalo, che ha risposto così: «Me ne frego di quello che pensa, è meglio che stia attento perché potrebbe perdere anche lui il podio. Io non sono mai stato così spavaldo, dovrebbe imparare a tenere i piedi per terra e sarebbe meglio parlasse in rosa a Milano, non certo oggi. A Dumoulin questo non deve interessare la ma tattica di corsa, non può pretendere di essere accompagnato in carrozza fino a Milano e che gli stringiamo anche le mani».

Queste scaramucce non fanno altro che accendere ulteriormente la corsa che, dopo il tappone di Bormio, ha regalato due brodini di scarso interesse a Canazei ed Ortisei: due tappe con tanta montagna ma con due finali troppo lievi per creare una differenza. Ieri, per la cronaca, la vittoria è andata ad un rinato Tejay Van Garderen, che sul pavè di Ortisei ha superato allo sprint Mikel Landa, ancora una volta secondo dopo Bormio. Una vittoria di valore per l’americano, arrivato al Giro per fare classifica e crollato inspiegabilmente già nelle prime due settimane. Una rivincita, che aiuta anche lui a liberarsi di un peso che gli impediva di esprimersi a livelli decenti nelle ultime stagioni. La speranza è che questo successo sia una miccia per accendere un futuro diverso e per scacciare quei fantasmi di ritiro – non solo dal Giro, ma dal ciclismo in generale – che aleggiavano negli ultimi giorni nella testa dello statunitense.

Dietro a Landa e Van Garderen sono arrivati due lanciatissimi Pozzovivo e Pinot, che si sono staccati dai migliori approfittando dell’empasse tra Dumoulin, Nibali e Quintana. Questo permette a Pinot di recuperare circa un minuto e di accorciare notevolmente la classifica, rientrando in corsa per il podio. Commovente, al di là dei discorsi di classifica e di vittoria, la resistenza di Paolo Tiralongo: in questo Giro maledetto per l’Astana, funestata da infortuni e dalla scomparsa di Scarponi, l’esperto siciliano sta portando a termine quello che sarà il suo ultimo Giro convivendo con una frattura alle costole. «Per me è l’ultimo Giro, quest’anno chiudo la carriera: arrivare a Milano sarebbe come vincere. Ce la devo fare». Nelle sue parole c’è tutto il significato di questa corsa. Brutta caduta in discesa dal Pordoi per Eugenio Alafaci, che è arrivato al traguardo in condizioni limite: oggi sarà comunque alla partenza della tappa.