Toto Bulgheroni gela la Legabasket «Mai con chi non paga gli stipendi»

Il talkshow organizzato nel secondo giorno di festeggiamenti per il 70° anniversario della Pallacanestro Varese ha portato in sala Campiotti una parte significativa del mondo del basket biancorosso

Metti delle sedie ad arco davanti a una finestra che guarda il Bernascone. Occupa le suddette sbizzarrendoti con la fantasia in salsa cestistica e mischiando grande giornalismo, glorie del parquet e proprietari di quelli che non fanno più perché hanno smarrito lo stampo. E infine disponiti ad ascoltare. Il talkshow organizzato nel secondo giorno di festeggiamenti per il 70° anniversario della Pallacanestro Varese ha portato in sala Campiotti una parte significativa del luccicante bianco e nero di cui questi lidi si possono fregiare. Moderati dalle domande di Antonio Franzi, hanno risposto all’appello i giornalisti Werther Pedrazzi, Flavio Vanetti e Oscar Eleni, poi Guido Borghi, Antonio ed Edoardo Bulgheroni, Andrea Meneghin, Paolo Vittori, Toni Cappellari, Massimo Lucarelli e Marino Zanatta. Il “destino” ha voluto che non ci fosse alcun attuale cronista dei giornali cittadini, cartacei e online: l’unico invitato – Giancarlo Pigionatti – per sopravvenuti problemi familiari non ha potuto presenziare.

I protagonisti effettivi, però, hanno condotto una piacevole chiacchierata, tra ricordi, aneddoti e dibattiti. Paradossalmente, in un pomeriggio giustamente orientato a celebrare il passato, è arrivata una “notizia” attinente al presente, peraltro di una non trascurabile importanza. Stimolato da Pedrazzi sull’argomento, Toto Bulgheroni ha pubblicamente dissolto le chances di una sua candidatura alla prossima presidenza della Legabasket: «Io sono legato ai giorni andati, quelli in cui si faceva il bene della pallacanestro e non solo delle proprie società.

Non potrei mai fare il presidente di un organismo in cui ci sono soggetti che non pagano gli stipendi ai propri giocatori e in cui gli ultimi arrivati credono di poter insegnare ai vecchi. La lega attuale, per di più, non ha poteri. Vogliono fare il 6+6 (squadre composte da sei stranieri e sei autoctoni ndr): ma dove li vanno a trovare i sei italiani?» Peccato, perché il Toto – la cui famiglia ha attraversato praticamente tutta la storia cestistica varesina (dal precursore Edoardo, allo stesso Antonio, prima giocatore poi proprietario, all’Edo presidente dello scudetto della Stella) – sarebbe l’uomo giusto, non fosse altro perché la storia di cui sopra è proverbialmente maestra di vita.

E culla di momenti che rimangono. Chiedi ad Andrea Meneghin e ti tira fuori il balletto di Joe Isaac durante un famoso derby a Masnago, vissuto sulle tribune dal giovane Andrea. Oppure i controlli di Dodo Rusconi durante i ritiri estivi a Pila: «Entrava dalla porta, apriva la finestra e ci provava la pressione per capire se la sera prima avevamo fatto bisbocce». Giovanni Borghi incensa Vittori, «il primo vero giocatore di basket completo», Pedrazzi declina il background varesino come un insieme di “passione e ragione», Vanetti ricorda i suoi derby nella milanesissima redazione del Corriere della Sera, Zanatta «tutte le vittorie», Cappellari lo stesso Marino che lo chiama a Varese: «Vedrai che ti troverai bene, mi disse. E fu così: crescemmo Andrea Meneghin e scovammo Komazec e il Poz. Lo scudetto della Stella è nato lì». L’amore biancorosso è variegato ed eterno: è in un ragazzone di Ancona che sognava la Ignis ed ha coronato il suo sogno (Lucarelli), è in una 500 che viaggia per il Palawhirlpool con Cecco Vescovi e Bruno Arena nel giorno delle 500 partite in serie A di Vescovi (e meno male che c’è Bulgheroni a ricordarlo…), è la fotografia di un abbraccio tra i due Meneghin, nel giorno dell’esordio di Andrea.