Una sconfitta che ci fa rabbia non cancella una passione

Il nostro Francesco Caielli commenta la nazionale italiana di basket

Non ce ne vogliano quelli del “grazie lo stesso”, quelli del “grandi ragazzi”, quelli del “comunque è stato bello”. Non ce ne vogliano quelli che dopo la sconfitta con la Lituania hanno detto “peccato” e poi hanno cambiato canale che magari faccio in tempo a vedere il finale di Barcellona-Roma. Perché a noi, quella sconfitta, ci ha fatto incazzare di brutto. Sì, insomma: per noi il basket è così. Una bellissima donna che si fa corteggiare, accetta di uscire a cena, ti invita a salire a casa sua e poi sul più bello di molla uno schiaffo e ti caccia via: ma cosa t’eri messo in testa? Una bellissima donna che, nonostante quello schiaffo doloroso, non riusciamo a smettere di amare.

Maledizione, questa non era la Nazionale più forte di sempre (quella del ’99, per non andare troppo indietro, secondo noi era più equilibrata e poi aveva Andrea Meneghin). Ma era una squadra da semifinale, tutta la vita (la vittoria netta e bellissima con la Repubblica Ceca di ieri sta lì ad aumentare il rammarico).

Quindi “grazie lo stesso” un corno: perché in quell’ultimo possesso dei regolamentari c’era solo una cosa da fare (palla a Gallinari e levatevi tutti), perché un paio di cambi nel quarto periodo avrebbero evitato che i nostri arrivassero alla fine sulle ginocchia, perché quel time out nel supplementare era da chiamare tre azioni prima. “Grazie lo stesso” un corno perché questi giorni non torneranno più, non torneranno più questi sogni e non tornerà più la sensazione che chissà: abbiamo bastonato la Spagna, chi l’ha detto che la Serbia è imbattibile?

Lasciateci qui nella nostra rabbia, voi che dopo la sirena finale siete andati a letto e siete riusciti ad addormentarvi subito. Probabilmente avete ragione voi: senza la pallacanestro la nostra vita sarebbe più serena. Ma è più forte di noi. Cento schiaffi in faccia presi da quella donna meravigliosa non saranno nulla, dopo il primo bacio rubato.