«Una vita di battaglie in una cintura»

Boxe - Il varesino Michele Esposito è campione italiano dei pesi welter: «Ho alzato le braccia al cielo. Non ci credevo»

Il sudore era schizzato ovunque, come fosse pioggia, dietro ogni colpo partito, andato a segno o a vuoto. Arrivava in ogni angolo del ring. Anche in quello più sinistro. Anche in quello dove si nascondono le paure, gli incubi, i demoni. Siamo alla fine dell’ottavo round. Michele Esposito si sta giocando il titolo dei pesi welter contro Giacomo Mazzoni. Uno lombardo, di Varese, l’altro toscano; a lottare tra quelle quattro corde come fossero gladiatori al Colosseo. Tutti e due sono allo stremo delle forze. Sono una maschera di dolore. Ormai non si sentono più né il rumore dei pugni, né quello delle loro grida. Si sente solo la voce dei varesini corsi a invadere il posto: il palazzetto di Piacenza sembra la Curva Nord del Franco Ossola.

Esposito e Mazzoni, uno contro l’altro. Ad abbracciarsi, a portare a segno qualche punto; se potessero, si strapperebbero via a morsi i guantoni per darsele a mani nude. Sembra di essere a un fumoso incontro messicano, di quelli “vita mia, morte tua”.
Il suono dell’ottava campanella se lo prende Mazzoni: ed è l’unica ripresa che il toscano riesce ad aggiudicarsi: «Finito quel round – ci racconta Esposito – sono tornato al mio angolo. Il mio maestro Vincenzo Ciotoli mi ha strigliato,

come se stessi perdendo, come se fosse finita».
Quello è stato il segnale che tutto doveva finire lì. Inizia la nona ripresa, non passano nemmeno venti secondi che un gancio destro di Esposito si pianta, potente come fosse la partenza di uno shuttle da Cape Canaveral, sotto il mento di Mazzoni. Il toscano vacilla, perde il controllo e quasi i sensi, e si ritrova sulla luna. Il varesino gli piazza due sinistri veloci, che quasi non si vedono. Mazzoni finisce a terra, l’arbitro Alessandro Roda sospende l’incontro. Michele Esposito ha vinto. Michele Esposito è campione italiano dei pesi welter. «Ho alzato le braccia al cielo. Non ci credevo. Quando ho messo la cintura non mi sembrava vero, non mi sembrava possibile. Ho realizzato solo la mattina dopo cos’avevo fatto: ho rivisto tutti i 14 anni della mia carriera. Tutte le sofferenze, tutte le gioie, tutti i sacrifici, tutti i momenti belli. Mi è passata, in un lampo, la vita davanti agli occhi: una vita di battaglie».

Quello di venerdì notte è stato un match quasi a senso unico, nonostante Mazzoni abbia combattuto un buon incontro: «Al primo round l’ho mandato al tappeto due volte, la seconda sul gong. Se lo avessi steso venti secondi prima non si sarebbe più rialzato. Lui, ha dovuto dire grazie alla campanella, perché tornato all’angolo ha avuto il modo di riprendersi. Poi, io, sono uno di quelli che fanno un pugilato alla messicana: di quelli che dieci pugni ne tirano e sette ne prendono», dice Esposito.
Il pugile varesino la gara se l’è preparata a dovere: «Sapevo che soffriva il destro, quindi mi aprivo la strada col sinistro e gli entravo sempre con l’altro braccio. Lui puntava, vista l’altezza, a portare colpi con il lungo, io all’aggressività: sono forte sulla media e breve distanza».
A 30 anni, Esposito, si ritrova ad essere campione italiano: il primo traguardo di una lunga serie: «Spero di poter indossare, un giorno, cinture più importanti, come quella intercontinentale. Questa, invece, vorrei dedicarla alla mia famiglia, ai miei amici della Curva Nord, alla mia ragazza Eleonora. A lei, in particolare, perché ha dovuto soffrire la mia dieta in vista del match: e quando mi alleno tre volte al giorno senza mangiare, divento nervosetto».