C’è da fare una cronaca, ma anche da scovare un perché. Bisogna farsi guidare dalla logica, ma esiste ciò che “si sente”, ciò che “si percepisce”. Ci sono i dati e i curriculum, ma altrettanto un qualcosa (un’anima) che va al di là di questi.
Partiamo dalla cronaca, dalla logica, da dati e curriculum.
Primo “sì”: il Varese non meritava di perdere a Gozzano, come già con il Como, a Inveruno e a Voghera (la quinta sconfitta è quella di Casale: lì proprio il Varese non è praticamente sceso in campo).
Secondo sì: l’arbitro ha diretto male. Non per episodi evidenti (a parte quello al 6’: la trattenuta su Repossi di Emiliano è vistosa e dunque quello è calcio di rigore) ma piuttosto per il metro: il Gozzano ha provato a “picchiare”, l’arbitro ha lasciato fare non estraendo mai un giallo, così il Gozzano ha proseguito nello spartito. Scelta assolutamente legittima: se posso fermare ogni azione pericolosa (o potenziale) senza incappare in sanzioni che poi non me lo permetterebbero più, perché non dovrei farlo?
Terzo sì: il Varese ha fatto qualcosa, anche qualcosa di buono. Molto più nel secondo tempo, affrontato con maggior coraggio e decisione, che nel primo, in cui ha giocato con un po’ di timore. Timore di chi pensa che prima o poi un gol potrebbe subirlo e così fa avverare la profezia. Ma sul gol partita non ci sono particolari errori, piuttosto la bravura degli avversari (26’): cross basso da sinistra di Tordini, in area Gulin taglia a cento all’ora verso il primo e, un attimo prima che la palla tocchi terra, la gira secca e tesa dentro l’angolino. Si potrebbe non far partire il cross, si potrebbe prevedere e anticipare il taglio, si potrebbe fare il miracolo arrivandoci con la punta delle dita per mettere in angolo: la realtà è che quello è un bel gol e basta.
Prima del gol, oltre al possibile rigore per il Varese, un velenoso (e pericoloso) tiro-cross di Petris respinto con un gran riflesso da Bizzi (12’) e un’incornata di Segato contenuta dal portiere ex Cagliari (14’); dopo il gol, la parte alta della traversa colpita da Gulin (43’). Il Varese nella prima frazione colleziona angoli – che spreca -, tiene onestamente il campo senza però creare granché.
Il secondo tempo del Varese è migliore: i biancorossi prendono campo, il Gozzano con umiltà pensa a difesa e contropiede.
Subito un’occasione al 5’, con Repossi che si butta su una palla vagante, brucia alla sua maniera Emiliano e sull’uscita di Gilli prova ad anticiparlo con un tocco di punta, preso e respinto coi piedi dal portiere.
Una punizione del neo-entrato Molinari preda di Gilli (15’), un colpo di testa alto di Careccia dopo una scorribanda di Fratus (21’), poi una clamorosa doppia occasione (29’): stop di petto al limite e girata da urlo di Molinari, che Gilli raggiunge vicino all’angolino e respinge corto; sulla ribattuta arriva Palazzolo che cerca lo spiraglio ma sbatte contro il corpo del portiere di casa, che infila il secondo miracolo.
Espulsi Merlin (32’) e un altro uomo della panchina biancorossa (42’) per proteste contro la direzione arbitrale, Varese sempre in proiezione offensiva ma senza mai trovare la fiammata (e, dunque, neanche il gol) per pareggiare: finisce 1-0, il Gozzano e la Caronnese (a segno sul Pavia) scappano a +13 sui biancorossi.
Fin qui, come anticipato, la cronaca. Ora, il tentativo di dare un perché, e soprattutto di spiegare ciò che si percepisce.
L’impressione è che il Varese sia una squadra buona, magari anche ottima, fatta di professionisti (giocatori e allenatore) con eccellenti curriculum, che purtroppo è incappata in una stagione storta.
Manca però quel qualcosa di extra, che va oltre la logica, la razionalità, i valori tecnici. Quel qualcosa che può fare la differenza: in un episodio, all’interno di una partita, nelle difficoltà a livello generale.
Quello che manca è un’anima. Precisiamo subito: non significa che questi giocatori non ce l’abbiano. Infatti si allenano al meglio e con serietà, si arrabbiano se perdono, in campo provano a fare il meglio.
Manca però l’anima biancorossa. E così quello che si percepisce è che se questa squadra indossasse un’altra maglia invece che quella del Varese, sarebbe lo stesso.
Si vede nelle piccole cose. Un esempio su tutti, il rapporto col pubblico: questa squadra non accusa il colpo di ricevere fischi, rimbrotti o insulti e allo stesso modo non riesce mai a cavalcare l’onda, la spinta, la forza che viene dagli spalti.
Non fa arrabbiare e non entusiasma.
E non ha mai quel fuoco che fa ribaltare un verdetto, completare una rimonta, reagire a un’ingiustizia, restare in vita con la forza della disperazione.
Un fuoco, che era l’unica cosa che non mancava l’anno scorso: perché c’erano giocatori e anche allenatori che forse erano meno forti di questi, ma che avevano un’anima biancorossa. In cui il pubblico si identificava: e così i fischi erano più forti e allo stesso modo gli applausi. E entrambi suscitavano qualcosa nella squadra, che accusa i primi e cavalcava i secondi. E così aveva quel fuoco che fa ribaltare un verdetto, completare una rimonta, reagire a un’ingiustizia, restare in vita con la forza della disperazione.
Quella squadra avrebbe dato tutto per questa maglia e solo per questa maglia.
Ma quella squadra, per note questioni e decisioni che esulano dal campo e dal calcio, è stata cacciata. E con lei, anche l’anima biancorossa.
rete: nel pt Gulin al 26’.
(4-3-3): Gilli; Petris, Emiliano, Mikhaylovski, Tordini; Segato, Guitto, Incatasciato (Gemelli dal 22’ st); Perez (Vita dal 45’ st), Capogna (Rogora dal 18’ st), Gulin (Lunardon dal 26’ st). A disposizione: Gattone, Carboni, Di Giovanni, Vono, Usei. All. Gaburro.
(4-4-1-1): Bizzi; Fratus, Rudi, Ferri, Arca; Rolando, Monacizzo, Magrin (Molinari dal 12’ st), Careccia (Battistello dal 26’ st); Palazzolo; Repossi (Lercara dal 38’ st). A disposizione: Frigione, Simonetto, Melesi, Granzotto, Bruzzone, Zazzi. All. Iacolino.
Arbitro: Madonia di Palermo (Donato di Pistoia e Lencioni di Lucca).
Spettatori: 500 (più di 300 da Varese). Ammoniti: Capogna, Tordini e Lunardon (G); Monacizzo, Fratus, Battistello e Palazzolo (V). Angoli: 0-8; fuorigioco: 2-3; tiri (in porta): 8 (5) – 12 (8); falli: 23-15; recupero: 1’ + 6’.