Varese, cosa vuoi essere da grande?

Nel tardo pomeriggio la riunione di Varese nel Cuore: si esplorerà il futuro del Consorzio e non solo

Chiuso in una stanza, la sala del palazzetto intitolata a un mito della pallacanestro cittadina, Giancarlo Gualco, questa sera Varese nel Cuore cercherà di immaginare il proprio futuro e quello della sua controllata, la Pallacanestro Varese.

Dietro al carattere informale della riunione, che coinvolgerà la totalità degli aderenti al Consorzio, si nasconde l’incontro potenzialmente più importante dell’intera vita della proprietà diffusa varesina. Andare avanti così o cambiare? Aprire la Pallacanestro Varese all’entrata di un socio esterno o detenere ancora il 95% delle azioni (il 5% sono del trust)? Trovare una strada alternativa per sorregge quelle ambizioni che negli ultimi anni sono state sconfessate dai risultati e da difficoltà economiche ripetute (una strada che porti all’aumento del numero dei consorziati o dell’impegno economico di ciascuno di essi) o optare per un esame di realtà che ridimensioni, subito e una volta per tutte fino a nuovo ordine, le ambizioni stesse? Il confronto a tutto tondo tra chi attualmente tiene in vita una delle società più importanti della pallacanestro italiana dovrà partorire idee e risposte a questi interrogativi. Perché il domani è già arrivato.

Nei prossimi giorni verrà firmato e depositato dal cda di piazza Monte Grappa il bilancio relativo alla stagione 2015/2016, quello che ha richiesto un lavoro di mesi per quadrare alla luce degli 800 mila euro e spicci di buco. Non è un caso che i due appuntamenti – quello formale e interno alla società e quello di oggi di Varese nel Cuore – abbiamo data prossima: grazie al sudore versato sui conti, grazie alla serietà di chi da mesi occupa determinate poltrone, oggi la Pallacanestro Varese può presentare ai consorziati un quadro chiaro del passato, del presente e soprattutto di ciò che servirà per andare avanti.

Può, per esempio, spiegare perché sono stati loro richiesti sforzi economici extra per ripianare debiti. Può rivelare agli stessi perché ha avuto le mani legate in determinate scelte strategiche riguardanti la squadra (per esempio nel decidere di non intervenire sul mercato da ultima in classifica). Può, soprattutto, dire loro quanto costa davvero mandare avanti la “baracca” e fare una cernita degli obiettivi: con tot soldi (quelli che garantiscono i consorziati attualmente presenti) si arriverebbe qui, con tot più tot si potrebbe arrivare là.

Da qui le domande di cui sopra: come godere della possibilità di spendere quei 300-400 mila euro in più per il roster senza dover rincorrere la quadratura del bilancio (leggi: fare altri debiti) ogni anno o avere le mani legate durante la stagione? Possono metterli i consorziati questi soldi in più (attraverso una crescita numerica – e nel caso bisognerà capire come trovarli davvero altri consorziati – o economica pro quota) o è meglio aprirsi a investitori esterni, cedendo loro – ovviamente – anche una fetta di quote e di comando in un cda che oggi è per 4/5 chiara espressione di Varese nel Cuore (e si tenga conto che il prossimo consiglio d’amministrazione biancorosso dovrà necessariamente avere al suo interno anche un membro eletto dal trust Il Basket Siamo Noi)?

Normale chiedersi se, in caso di apertura, qualcuno sia già presente alla porta. Ed è altrettanto normale domandarsi se lo stesso non sia Gianfranco Ponti, l’imprenditore angerese che due anni fa fece una proposta di acquisizione delle quote ma non trovò l’accordo con Varese nel Cuore. Al di là di possibili “abboccamenti” preliminari tra le parti negli ultimi tempi, va scritto che la realtà attuale delle cose dipinge un Ponti in tutt’altre faccende affaccendato. Continua a passare da lui,

infatti, il progetto Ignis Varese 1960, quello da più parti definito come il terzo polo giovanile dopo Pallacanestro Varese e Robur et Fides. L’iniziativa è partita ambiziosa e ambiziosa vuole continuare, essendo da mesi concreta l’idea di dotare la società di una struttura che funga da “casa” multidisciplinare, ovvero aperta anche ad eventi culturali e sociali e non solo alla pallacanestro. Lo stato dell’arte è uno stretto dialogo con il Comune di Varese per individuare l’area più idonea a costruire quella che non sarebbe dunque una semplice palestra: si era pensato a Calcinate degli Orrigoni, ma non è detto che la disponibilità di metri quadri lì presenti possa soddisfare le richieste della Ignis. Quel che è certo è che si andrà fino in fondo.

Un dialogo tra Ponti e Varese nel Cuore potrebbe anche riaprirsi (e potrebbe anche non riguardare la Pallacanestro Varese in toto quanto solo il suo settore giovanile), ma oggi non esiste nulla di concreto. Per una Varese che ha la chance concreta di ritrovarsi fra pochi mesi anche senza l’attuale main sponsor Openjobmetis, quel che conta – ora come ora – è scegliere che strada prendere, pubblicizzando poi tale scelta all’esterno in modo da attrarre eventuali interessati a entrare in società. Sempre che sia questo il sentiero che si deciderà di intraprendere. La palla, in ogni caso, è solo del Consorzio: oggi inizia la partita.