Varese in Lega Pro. Ne vale la pena?

I fatti: ecco come i biancorossi potranno tornare tra i professionisti. Vi chiediamo la vostra opinione

«Varese Calcio e Sporting Bellinzago comunicano di aver trovato l’accordo per iniziare insieme l’avventura nel campionato di Lega Pro stagione 2016/17. Le due società stanno producendo la documentazione necessaria da presentare alla Federazione Italiana Gioco Calcio che dovrà dare l’assenso all’iscrizione». Il comunicato ufficiale del Varese Calcio, diramato nel pomeriggio di ieri, apre ad una possibilità fin qui insperata ma su cui la società sta lavorando da diversi giorni (settimane?): un clamoroso ritorno in Lega Pro senza passare dalla D.

La situazione non è semplice. Lo Sporting Bellinzago, squadra novarese, ha vinto il girone A di serie D, davanti alla Caronnese, conquistando così uno storico accesso in Lega Pro (la società del presidente Antonio Massaro, con un’incredibile cavalcata, è salita nel giro di dieci anni – dal 2006 – dalla Terza categoria fino al professionismo).
Un accesso in Lega Pro che, dopo essere stato meritatamente festeggiato, ha chiamato i vertici ad una riflessione sulla possibilità

di permettersi l’approdo tra i pro, i cui costi sono molto elevati (una stagione di Lega Pro costa nell’intorno dei 2 milioni di euro).
Impossibile. Qui entra in gioco il Varese, interessato a tornare il più presto possibile dove merita di stare e dove non è più dopo il doloroso fallimento – e conseguente mancata iscrizione, appunto, alla Lega Pro – dell’estate scorsa. Così, dopo essersi sentita rispondere “picche” all’idea di un ripescaggio, ha ragionato – anche sotto un titolato consiglio – un’altra via.

Questa altra via, a questo punto, è un accordo, ieri sottoscritto, con lo Sporting Bellinzago. L’accordo non può essere di acquisto del titolo sportivo. Questa pratica, nel calcio, non è consentita, come ci spiega l’avvocato Mattia Grassani, tra i massimi esperti italiani di diritto sportivo: «Il titolo sportivo non si può acquistare, è vietato dalle norme federali. Non è come nel basket, dove una società di A2 rileva il titolo sportivo di una squadra di A1 e gioca in A1. Nel calcio non funziona così: il titolo sportivo non può essere oggetto di cessione per nessuna ragione».

Il pensiero successivo, per logica, è la fusione. Una pratica abbastanza diffusa, in cui due società trovano un accordo per diventare un’unica realtà, mantenendo il titolo sportivo migliore.
Anche qui però ci sono due fondamentali ostacoli, come ci conferma Grassani: «Tra società che appartengono a due province diverse e comuni non confinanti è vietato procedere alla fusione. E, anche spostando la sede, devono passare due stagioni sportive prima di fare la fusione. Queste operazioni non si possono effettuare consecutivamente o contestualmente. A questo si aggiunge che il Varese è affiliato da un anno: anche se le due società fossero nello stessa provincia, o perfino nello stesso comune, resterebbe lo scoglio dei due anni di affiliazione. Mancano quindi i requisiti per intraprendere questo percorso».

Se, però, il Varese annuncia di aver trovato un accordo con lo Sporting Bellinzago e di essere pronto a presentare alla Figc la documentazione necessaria, una via – che viene tenuta per ora riservata – c’è. Noif (norme organizzative interne Figc) alla mano, all’articolo 20 si parla di “conferimento in conto capitale dell’azienda sportiva in una società interamente posseduta dalla società conferente. In caso di conferimento dell’azienda sportiva in altra società interamente posseduta dalla società conferente, l’approvazione può essere concessa, a condizione che sia preservata l’unitarietà dell’intera azienda sportiva e sia garantita la regolarità e il proseguimento dell’attività sportiva”.
E questo scenario è possibile se: 1) ”la società conferente sia affiliata alla Figc da almeno due stagioni sportive”; 2) “in ambito professionistico tutte le società interessate al conferimento devono avere sede, salvo casi di assoluta eccezionalità, nello stesso Comune o in Comuni confinanti”; 3) “tra Società che, nelle due stagioni sportive precedenti, non abbiano trasferito la sede sociale in altro Comune, non siano state oggetto di fusioni, di scissioni o di conferimenti di azienda”.

La sede si può spostare in un comune confinante. Bellinzago, in provincia di Novara, confina con un solo comune della provincia: Lonate Pozzolo. Il Varese potrebbe quindi entrare in società, lasciando la vecchia matricola e “prendendo” quella dei novaresi, con cui farebbero una società (Sporting Varese? Sporting Varese Bellinzago? Varese Bellinzago?). Una volta in provincia di Varese, lo stadio scelto potrebbe quindi essere il Franco Ossola.

Il tentativo è ambizioso. E, se la volontà della società è quella di tornare al più presto tra i professionisti, è legittimo provare ogni via. L’idea dei vertici biancorossi è che una Lega Pro possa attirare degli interessi da parte di investitori, che si tufferebbero in un’avventura di alto profilo (tra i professionisti).
La realtà dice però che un progetto vivo, rinato con forza, programmazione e grande capacità, come quello biancorosso, abbia comunque avuto difficoltà a reperire aiuti per la serie D che, con l’ingresso in società di GaGà Milano, mette a disposizione un budget con cui fare una serie D di alto livello ma comunque con coscienza e attenzione (per intenderci, non come l’Eccellenza appena dominata), da vincere trascinati dall’onda lunga dell’entusiasmo nato con la vittoria esaltante di quest’anno. Se il costo di una serie D di vertice è di 1 milione di euro, per la categoria sopra ne servono almeno il doppio, per combattere e provare con calma (più di una stagione, a logica) l’assalto a quella serie B dove tutto il popolo biancorosso vuole tornare. Con, però, tutte le – ovvie – difficoltà del caso.
Così, altrettanto legittima diventa la domanda che in tanti si stanno facendo: sarebbe la scelta giusta?