Varese, la tua storia l’hai già scritta. Ma non vuoi smettere di sognare, vero?

Stasera l’andata della finale contro Faenza, ritorno sabato a Gazzada. Chi vince, sale in A2

Simona Ballardini, un passato gonfio di esperienze in Serie A (nella stessa Faenza, a Schio, Venezia, Taranto e Priolo). Marjia Eric, 33enne serba, playmaker d’acciaio, tornata in Romagna solo per giocare i playoff. Poi, giusto per condire il tutto, elementi come Lucia e Daniela Morsiani, Coraducci e Schwienbacher, giocatrici abituate a ben altri palcoscenici, contorno che sa essere pietanza principale senza nemmeno accorgersene.

Paura, Varese? Niente affatto, anzi: dentro al sogno A2 – guadagnato con il sudore, necessario sia a vincere sul campo che a zittire i gufi che hanno inutilmente cantato per una stagione intera – c’è tutto ciò che è biancorosso, cuore, testa, mani e coraggio. Ore 20.30, Faenza-Pallacanestro Femminile Varese ’95, finale del campionato di Serie B: chi vince sugli ottanta minuti (il ritorno a Gazzada sabato prossimo) prende l’ascensore per il secondo campionato italiano. La squadra di coach Lilli Ferri, arrivata all’appuntamento della vita dopo essersi classificata 2° nella fase lombarda e aver poi eliminato Scafati in semifinale, si trova davanti al punto più alto della storia della società: mai, dalla nascita negli anni 90’, la realtà varesina si era trovata a combattere per accedere a un livello così alto.

In un veloce flashback scorrono ora le immagini di una stagione strana, arrivata dopo un triennio di dominante in Lombardia ma incompiuto alla prova delle squadre nazionali (tre eliminazioni ai playoff): i galloni da favorita ai nastri di partenza, le dieci vittorie su undici partite dell’inizio del cammino, i passi falsi successivi, la prima piazza che diventa seconda e si porta dietro de profundis precoci e grossolani. Noi non lo sapevamo, Cassani e compagne nemmeno, ma tutto – gioie e dolori – era propedeutico alla scalata verso la montagna della gloria, verso quella cima che oggi concede una chance sempre negata negli anni precedenti, quelli degli “inutili” primati.

La morale è che bisogna aspettare a dare per morta Varese, espressione di una società cresciuta esponenzialmente e capace di dare più importanza al futuro che al presente (testimonianza ne è il florido settore giovanile), morale che varrà anche questa sera, davanti a un avversario forte, tosto, pesantemente favorito (e meno male che ogni tanto capita anche agli altri…). Le padrone di casa hanno conquistato il loro competitivo girone regionale, si sono sbarazzate con irridente facilità di Pescara e giocheranno l’ultimo atto davanti al consueto migliaio di spettatori.

Paura, Varese? Niente affatto, come sopra: se l’esperienza delle biancorosse non è paragonabile a quella delle contendenti, l’organico plasmato da Lilli Ferri con il bastone, la carota e l’attenzione alla mente, oltre che alla tecnica, è nato pronto per un’occasione del genere.