«Varese, non è andata come speravo. Mi porterò dentro le finali di Chalon»

Paolo Conti ha detto addio ai biancorossi dopo 2 anni da assistente: «Ora non so se resterò nel basket»

Il tempo delle novità, della curiosità, della voglia di iniziare, della voglia di basket. Ma anche il tempo dei saluti e degli addii, che spesso passano sotto silenzio, ed è un vero peccato. Una squadra quasi totalmente nuova, ed esclusione di Ferrero, Pelle ed Avramovic, sarà accompagnata e guidata da uno staff altrettanto rinnovato: Matteo Jemoli, Raimondo Diamante e Massimo Bulleri.

Non ci sono più, e a questo punto non è che sia più una novità, Stefano Vanoncini e Paolo Conti. Se Vanoncini ha ritrovato la via di casa alla Poderosa Montegranaro, diversi sono i progetti di Conti, che si gode l’estate in montagna in attesa di scoprire cosa il futuro gli riserverà.


È stata una mia scelta, questi due anni di esperienza come allenatore non sono andati come mi attendevo. Sicuramente continuare non secondo le mie aspettative iniziali mi ha portato a compiere la scelta di non proseguire questa avventura. Poi probabilmente la Pallacanestro Varese nemmeno mi avrebbe confermato, questo non lo so, però in generale non mi aspettavo che andasse nel modo in cui è andata.


Mi immaginavo che essere dall’altra parte della barricata, pur non avendolo mai fatto da senior, volesse dire determinate cose e, a livello personale, mi aspettavo un altro tipo di gratificazione che non è arrivata. Purtroppo il basket non è una scienza esatta, hai aspettative all’inizio che magari non vengono confermate. Probabilmente non sono fatto io per questo mestiere, però mi aspettavo un coinvolgimento maggiore nelle scelte, sul campo, sulla visione e sulla gestione dei giocatori, sulla progettazione di una stagione. Da assistente pensi di poter essere coinvolto nelle scelte, cosa che non è accaduta.

In maniera molto tranquilla, io stesso ho comunicato che non avrei voluto continuare a fare l’allenatore ma ho dato la disponibilità per assumere altri incarichi. La chiamata per altri ruoli non è arrivata, ma lo dico senza alcuna polemica.


Sono stati due anni intensissimi, la gente non immagina quando sia gravoso a livello di energie il lavoro dell’assistente. Io e Stefano per due anni abbiamo lavorato dodici ore al giorno, senza sosta e senza orari. Mi porto a casa i rapporti personali, quello con Paolo Moretti, una persona a modo che tuttora sento: nelle difficoltà con lui si è cementato un rapporto limpido. Con Stefano Vanoncini è nata un’amicizia, ho visto più lui che mia moglie: un rapporto che è nato tra le difficoltà e gli scontri che sul lavoro inevitabilmente ci sono. Mi porto a casa un importante arricchimento tecnico, al di là della mia scelta finale sono cresciuto molto, ho iniziato ad osservare la pallacanestro sotto sfaccettature diverse.

Indubbiamente le Final Four di Chalon, per tutto ciò che hanno comportato: l’emozione nell’arrivarci e nell’affrontarle, l’approccio, la preparazione dall’interno, la possibilità di vivere i momenti più belli. Difficilmente me ne dimenticherò.


A livello di pallacanestro non ho avuto chiamate e non ho alcuna possibilità, quindi per il momento non ho la certezza di un futuro all’interno del basket. Per il resto, vedremo.