«Varese, speravo di restare. Allenarti è stato un onore»

Dopo due stagioni intense, il rapporto è terminato. Ma Stefano Vanoncini dice grazie: «Qui c’è la storia»

Due anni positivi, intensi, a loro modo indimenticabili. Tutte le cose belle prima o poi finiscono, e così si è conclusa anche l’esperienza di Stefano Vanoncini a Varese. Con lui, ha lasciato anche il compagno delle ultime due stagioni in panchina, la bandiera Paolo Conti. L’anno prossimo al fianco di coach Attilio Caja, come già annunciato qualche settimana fa, ci saranno Massimo Bulleri, Matteo Jemoli e Raimondo Diamante. Non Stefano Vanoncini, dunque, che però ha solo parole al miele per la Pallacanestro Varese e per ciò che questa squadra ha rappresentato per lui nelle due stagioni appena concluse.

Più che aspettarmelo, ci speravo. Chiaramente però, essendo alla fine di un contratto, una delle due parti può decidere di non proseguire: è nella natura delle cose. Quando un contratto finisce serve la volontà di entrambe le parti per proseguire.

Da un numero, 96. Come le partite ufficiali giocate in queste due stagioni, senza aver fatto né playoff né Final Eight di Coppa Italia. Di solito ci vogliono tre stagioni per giocare 96 partite. È stata un’esperienza molto intensa, con ritmi sostenuti e quindi molto coinvolgente.

Anzitutto vorrei dire che per me è stato prima di tutto un grandissimo onore poter lavorare per due anni a Varese, visto ciò che Varese rappresenta nella storia della pallacanestro e in quella di un ragazzino che cominciava a guardare questo sport. Per la mia generazione la parola Varese, come dice una canzone, “scioglie il sangue nelle vene”, non è da sottovalutare. E c’è un’altra cosa che vorrei sottolineare.

La soddisfazione di aver potuto lavorare con persone di grande qualità, e mi riferisco tanto all’aspetto tecnico quanto a quello organizzativo. Non nomino nessuno, non vorrei fare torti, però devo dire che tutte le persone con cui ho avuto la fortuna di lavorare o collaborare sono speciali e resteranno nel mio cuore. Queste sono cose che per me contano, e per cui aumenta il rammarico di non poter continuare. Per chi fa della pallacanestro la propria vita, andare via da Varese è un enorme dispiacere.

Due annate così intense, con anche due manifestazioni internazionali da sostenere, sono state una fonte continua di miglioramento. Ogni giorno vieni messo alla prova riguardo alle tue conoscenze e cerchi di apprendere qualcosa di nuovo. Confrontarsi con altri sistemi di pallacanestro come accaduto nell’esperienza europea è sempre molto formativo.

Spero di poter continuare ad allenare.

Avendolo fatto un po’ di anni fa, in questo momento non vengo percepito nel breve come un capo allenatore, la mia figura è più inquadrabile come assistente allenatore e sul mercato sono più spendibile con questo ruolo che non come capo. Il nostro è un mondo difficile, gli allenatori sono tanti e i posti molti meno. Io ho avuto la fortuna di aver fatto entrambe le cose, sia l’allenatore che il vice, e mi piacciono molto entrambi i ruoli. Non ho mai vissuto il fare il vice come un ripiego, ma sarei pronto ad intraprendere anche un’avventura da capo allenatore.

No, per ora non ho ricevuto offerte.