Il finale di Varese-Roma: 78-73

La battaglia contro l’Acea finisce al primo supplementare: i biancorossi, spinti dall’entusiasmo del pubblico, conquistano una vittoria meritata e vitale

Overtime dalle grandi emozioni: Varese riesce a spuntarla grazie ai suoi uomini chiave. Decisivi Kangur, autore di una tripla da campione sulla sirena dei 24’’ che ha regalato il vantaggio di 6 punti, ed Eric Maynor, per la prima volta totale padrone del gioco degli uomini di coach Caja. Per l’allenatore biancorosso un esordio al PalaWhirlpool a dir poco emozionante.
: Eyenga 18 punti, Diawara 16 punti, Jefferson 15, Maynor 10 punti

Come da copione in questa stagione, Varese subisce la rimonta avversaria: gli ultimi secondi del quarto sono come sempre decisivi. La palla nelle mani di De Zeeuw, fortunatamente per i biancorossi, si stampa sul ferro. Varese paga una poca concretezza in attacco e il fatto di avere i propri giocatori chiave carichi di falli.
: Diawara 16 punti, Eyenga 14 punti, Jefferson 13, Maynor 8 punti

Il terzo quarto inizia con il quarto fallo di Diawara: una chiamata che ha lasciato perplessi molti. Con il proprio top scorer limitato, Varese vede Roma avvicinarsi e ridurre lo svantaggio a 11 punti. Tra le file dei biancorossi, sale in cattedra Christian Eyenga, autore di un ottimo terzo periodo. Da segnalare la prima tripla in biancoross di Antero Letho.
: Diawara 13 punti, Jefferson 11 punti, Maynor ed Eyenga 8 punti

”Vi vogliamo così”: è questo il coro che si alza dagli spalti del PalaWhirlpool. La squadra, spinta dall’entusiasmo del pubblico, spinge Varese al vantaggio di 16 punti. Kangur è tornato in campo con una vistosa fasciatura, ma la voglia di portare a casa la vittoria è più forte di ogni ferita. Da sottolineare l’impressionante prestazione di Eric Maynor, finalmente padrone della manovra biancorossa e autore di 5 assist.
: Diawara 13 punti, Jefferson 11 punti

Varese avanti dopo i primi 10’ minuti. Da segnalare Kangur che è costretto ad abbandonare il parquet sanguinante dopo aver rimediato una testata da un avversario.
: Jefferson 9 punti, Diawara 8 punti

Chi si ricorda quale sapore abbia una vittoria casalinga? Nella stagione 2014/2015 per i palati cestistici varesini si è finora trattato di un gusto inedito da apprezzare. Su nove partite a Masnago i trionfi sono stati soltanto due, con l’ultimo che risale al 14 dicembre contro Bologna. Pietanza decisamente rara insomma, un po’ come la carne sulle tavole dei contadini nel dopoguerra: una volta al mese e non di più, per il resto gran polenta.

Siamo diventati anemici, costretti a un digiuno forzato di sostanza. Ci manca il ferro che solo le braccia alzate possono dare, la visione salvifica degli abbracci a centrocampo dopo la sirena (di quelli degli avversari ne abbiamo fin sopra i capelli), il sorriso dell’allenatore durante la conferenza stampa che segue i match. Il trend va invertito oggi pomeriggio alle 17, senza se e senza ma. Arriva l’Acea Roma, un’altra scontenta di questa serie A, avanti in classifica di soli due punti e soffocata da fughe e infortuni: se non è

il nostro specchio, poco ci manca.
La truppa biancorossa, però, deve prima di tutto guardare dentro se stessa; l’altro, qualsiasi altro, viene in secondo piano. Al netto di un fato che non ha risparmiato nessuna sberla in termini di infortuni ed episodi, nella situazione grama di una graduatoria che gronda sangue, nella contingenza di perdere prima il proprio general manager-bandiera, poi l’allenatore su cui erano fondati sogni e progetti, Varese ci si è messa da sola.
Con letture e scelte sbagliate, con la confusione figlia della mancanza di sangue freddo nei momenti più neri. I processi a campionato in corso riempiono le fosse di inutili colpevoli: vade retro, ce ne allontaniamo subito. Quanto scritto serve a ribadire come dal fango i biancorossi debbano uscire da soli, con le residue e attuali forze, cercando quel guizzo finora atteso e ora diventato indispensabile.

Il baratro è lì da toccare e la Virtus giallorossa è la “penultima” spiaggia: non si arrivi con l’acqua alla gola all’ultima, perché allora le gambe tremeranno molto più di oggi. Nell’epoca post rivoluzionaria seguita agli addii eccellenti, esiste solo un uomo in grado di indicare la via ed è Attilio Caja.
Chiamatelo restauratore, chiamatelo specialista in missioni salvezza, fate pure gli schizzinosi: nella sua arte di cavare il sangue dalle rape biancorosse, deve essere riposta tutta la speranza di un popolo. A lui ci si deve stringere, perché con umiltà, calma e razionalità si sta accostando al suo esordio al Palawhirlpool dopo 23 anni di carriera. E, in generale, a un’avventura tutt’altro che semplice: se fallisci a Varese cadi e ti fai male, chiunque tu sia.
Non ci sarà Rautins, ovvero 13 punti di media negati per almeno altre due settimane. Ci sarà il guerriero Diawara, anche se non dovrebbe: Kuba cerca un raggio di luce che gli illumini quegli occhi malati, permettendogli di tornare a essere il punto di riferimento che manca come il pane, altro che la carne. Ci sarà un piccolo finlandese di nome Lehto, probabilmente non ancora conscio di dove sia capitato: carneade eroe o carneade e basta, ha solo due mesi per costruirsi un nome.
Non ci sarà infine parte del consueto pubblico, quello che in passato ha scelto di sostenere questi colori perché attirato dalla stella cometa Pozzecco, capace – da sola – di staccare 2000 abbonamenti a scatola chiusa.
Via lui (beh via… noi abbiamo fatto il fioretto di lasciarlo stare), il botteghino ha iniziato a piangere: le prevendite si sono chiuse sotto quota 600, la più bassa di sempre quest’anno. Meglio pochi ma buoni: delle rivoluzioni si ha paura, se non si è innamorati di un’idea.