Un po’ di humor l’ha portato alla Nasa

Marco Sampietro, dall’Insubria è passato a Brema, con un dottorato speciale che gli ha cambiato la vita. «A 29 anni mi sono candidato per un convegno alla Nasa...». E quello studio è stato tradotto in 15 lingue

– Dalle Aule dell’Insubria alla Nasa il passo non è breve e neppure scontato. Eppure c’è chi lo ha fatto. può sorriderci sopra quanto vuole, lui che – avviato alla carriere accademica nell’ambito del project management – ha fatto un dottorato a Brema, proprio sul ruolo dello humor nei team internazionali.
«È stato questo l’argomento che mi ha aperto le porte di Huston – racconta – Avevo 29 anni quando mi sono candidato per partecipare a un convegno che la Nasa organizza ogni anno su tema del management, perché è proprio presso l’agenzia americana che questa disciplina è nata negli anni ’50».

Ci ha provato con la leggerezza di chi non ha nulla da perdere. E invece lo hanno chiamato per parlare del suo studio di fronte a una sala gremita da duecento partecipanti. Marco Sampietro si è trovato così, a pochi anni dalla laurea, conseguita nel 2000 in un giovane e piccolo Ateneo come quello varesino, a gestire l’emozione di complimenti e interviste oltre oceano.
«Le due pagine di presentazione del mio studio – dice –

sono state tradotte in 15 lingue: il tutto per una mia idea di partenza che era stata quella di occuparmi di un tema poco noto e soprattutto leggero, come lo humor, dal momento che affrontavo il dottorato mentre già insegnavo e avevo tanti impegni».
Marco Sampietro si è lasciato alle spalle la provincia e si è trovato a seguire un percorso tutto suo che lo ha portato a lavorare non solo in Bocconi, ma anche all’Isufi (Istituto Superiore Universitario di Formazione Interdisciplinare) di Lecce e al Milano Fashion institute, per approdare in Cina e India.
«Ancor prima della discussione della tesi – racconta – ero stato indirizzato dal mio professore a presentarmi in Bocconi per un colloquio e lì sono rimasto ad insegnare nell’ambito del project management per i corsi Sda, facendo nel contempo il dottorato e alternando esperienze in tanti contesti».

Oggi, a 38 anni, ha sulle spalle una decina di libri pubblicati tra i quali l’ultimo, “Empowering Project Teams” è stato dato alle stampe l’anno scorso dalla Csc, prestigiosa casa editrice di volumi tecnici con sede in Florida.
«Si tratta di un volume che raccoglie il mio attuale filone di ricerca – spiega il docente – che riguarda un aspetto decisamente trascurato da chi si occupa della mia materia. Si tende a studiare solo l’aspetto della leadership nei progetti e non si considerano in alcun modo tutti coloro che nei progetti invece lavorano, ovvero il team».
In inglese il termine, complementare a leadership, suona followership ed ha a che fare con quelli che in italiano potremmo chiamare i “gregari”, ossia coloro i quali contribuiscono con i loro sforzi e il loro apporto alla buona riuscita di un progetto.
Un filone di ricerca che l’ex studente dell’Insubria ha esplorato per primo mettendo in luce aspetti fin’ ora trascurati e che non esita a definire la sua ultima “creatura” di cui va a dir poco fiero.
«Una università americana – racconta – adotterà il testo come manuale in un suo corso e questo mi pare un bel risultato».
Cosa si sente di dire a chi si sta per laureare? «Non abbiate paura di lanciarvi, dal momento che siete piccoli e nessuno vi conosce: è proprio in questo momento che, non avendo nulla da perdere, vale la pena puntare in alto. Il difficile arriva dopo». Parola di chi ha bussato alla Nasa aspettandosi un no secco e invece ha dovuto ricredersi.