«Io, prevosto a sorpresa per Varese»

Don Luigi Panighetti, milanese classe 1954, lascerà il seminario di Venegono per trasferirsi in città. «Stupito da Scola per un incarico così particolare». Capire, valorizzare e confrontarsi le parole d’ordine

– Nuovo inquilino all’ombra del Bernascone: don Luigi Panighetti si prepara a diventare prevosto.
Milanese, classe ’54, tra poco più di un mese lascerà il lavoro di prorettore del Biennio teologico nel seminario arcivescovile di Venegono Inferiore, che tante soddisfazioni gli ha dato a partire dal «capire che ci sono giovani che, in maniera seria, si fanno domande su come impiegare la vita, seguendo la propria vocazione». Il cardinale Angelo Scola l’ha stupito quando gli ha proposto la nuova destinazione a Varese.

«Innanzitutto c’è stata la sorpresa per un incarico ai miei occhi così particolare. Si tratta non solo d’essere parroco di una parrocchia o, meglio, di una comunità di quattro parrocchie, ma addirittura, se ho interpretato bene, anche di referente per la città rispetto alla vita della Chiesa e della comunità civile».
Si sta preparando in spirito: «Sarà interessante. Scoprirò una nuova realtà», a partire dal territorio. «Finora mi sono limitato a piccoli giretti superficiali, ma ho avuto l’idea

di una città ordinata, che dà una buona immagine di sé dal punto di vista esteriore. Quando è capitato di incontrare qualcuno che mi ha riconosciuto come futuro prevosto ho trovato una spontanea cordialità e simpatia, per me motivo di sollievo e di impressione positiva».
Fatta eccezione del compito di amministratore parrocchiale «molti anni fa nel 2005/2006», per don Luigi è il primo incarico di questo genere.
«Le esperienze fatte fino a qui dicono di porre attenzione ad alcuni stili, all’ascolto, all’accompagnamento, alla valorizzazione di modalità diverse nella comunità cristiana».
Per il momento più che una dichiarazione di intenti «sto iniziando a pensare a una griglia di riferimento da discutere e verificare con i preti, la comunità e la città. In senso lato anche con decanato che, in alcuni casi, travalica la città».
Cerchi concentrici che, in maniera diversa, «hanno a che fare con questa griglia sulla quale ritengo importantissimo e necessario il confronto coi confratelli, i diaconi e i laici impegnati».

Panighetti conosce bene ed è legato da un rapporto d’amicizia coi sui due predecessori: monsignor Peppino Maffi e monsignor Gilberto Donnini, prevosto uscente. Viene spontaneo domandarsi se per il nuovo incarico abbia chiesto loro consiglio: «Ci conosciamo da tempo. Con don Peppino non ho ancora parlato, ma mi riprometto di farlo il più in fretta possibile. Mentre con don Gilberto l’ho fatto e ho trovato una grande disponibilità. Sono contento e mi auguro che soprattutto nei primi tempi la sua collaborazione non venga meno e sia disponibile ad accompagnare un po’ la mia “introduzione” in questo compito».
In una città quasi totalmente caratterizzata da comunità pastorali, secondo don Luigi è chiaro il compito di chi ne è responsabile. «Penso sia importante individuare ciò che e più caratterizzante e significativo di ognuno – dice don Luigi – Occorre saper condividere in maniera evidente aspetti e aree che possano diventare più ricche se davvero supportate da tutti. È giusto che ogni comunità tenga ciò che la contraddistingue, ma con quella scioltezza capace di mettere in comune per fare un passo in avanti in maniera più libera e decisa».
Capire, valorizzare, confrontarsi e decidere: il “metodo Panighetti” è all’insegna di uno sguardo aperto al futuro, senza tralasciare però il passato. «Siamo l’anello fondamentale di una catena. In questo momento abbiamo il compito di raccogliere ciò che di vero e bello ci hanno consegnato i nostri padri – conclude Panighetti – Dobbiamo stare attenti però a non ripercorrerne gli errori. Ci immagino protagonisti di un processo che non abbiamo iniziato noi, ma che accogliamo e recuperiamo in dimensioni qualificanti che ci vengono consegnate seppur nella difficoltà d’esser ritradotto nell’oggi. Occorrerà certamente l’aiuto di tutti».