«Tanto analfabetismo religioso»

Alessandro Ferrari, docente di diritto ecclesiastico, analizza un tema scottante. «Restano le difficoltà nelle relazioni. La soluzione? Iniziamo dal rispetto dei diritti»

In un mondo che appare sempre più secolarizzato, parlare di religione potrebbe sembrare anacronistico, ma la cronaca mostra con evidenza quanto il confronto interreligioso sia sempre più attuale e necessario nella nostra società.
«Il dialogo interreligioso si svolge a più livelli» spiega il professor , docente di diritto ecclesiastico e di diritto comparato delle religioni dell’Università dell’Insubria.
«Avviene tra istituzioni, tra studiosi e, a volte, c’è anche quello inavvertito, quello della convivenza e della prossimità fatto da persone che vivono accanto professando religioni diverse che dialogano, si scontrano e si riappacificano nella quotidianità».
A livello nazionale questi livelli sono intrecciati tra loro.

«Le religioni vivono e permeano una società e il dialogo viene influenzato da come vengono percepite». Continua Ferrari: «Nel dialogo con l’islam, per esempio, quando questa religione è percepita, a livello di società, come stantia, arretrata e con principi inconciliabili, le istituzioni diventano più timide nell’approccio, ma anche i cittadini poco inclini ad aprirsi, trincerati dietro a stereotipi e pregiudizi quando ne incontrano i membri».
Questo confronto non è mai asettico, ma riflette il momento storico,

preciso e determinato, nel quale lo si prende in esame.
«Noi siamo abituati a utilizzare sempre il singolare per definire le religioni, ma un qualcosa chiamato “islam” non esiste, ma esistono i musulmani e perciò vari “tipi” islam. E questo vale per buddismo, induismo o cristianesimo. È un quadro plurale che si evidenzia anche in un Paese a grande maggioranza cattolica, come il nostro, perciò il dialogo è a raggiera da verso diversi gruppi».
La Chiesa cattolica ha una commissione episcopale che si occupa di dialogo interreligioso.
«Sta compiendo un bel lavoro, cercando di conoscere problematiche e questioni facendo emergere temi importanti come quelli dei musulmani negli oratori, o i luoghi di culto o, ancora, alcune questioni teologiche, più legate alla spiritualità che possono divenire punti di confronto».

Ogni diocesi ha una figura che dialoga con effetti concreti. «Un esempio è il tema della famiglia, la questione delle coppie miste, dell’educazione dei figli: un dialogo che va dal generale al particolare».

«L’Italia è un Paese ad alto tasso di analfabetismo religioso. In parte perchè ci si è adagiati sulla convinzione che sia abitato della stragrande maggioranza di cattolici, ignorando che seppur numericamente minore è presente a tantissimi livelli un pluralismo religioso».
È un punto che deve interessare anche il legislatore visto che non abbiamo una legge sulla libertà religiosa. «L’ordine pubblico si costruisce non solo ex post, per prevenire o reprimere, ma assicurando il rispetto dei diritti». Il rischio è che s’inneschi un circolo vizioso. «Se da una parte scatta un’insensata islamofobia, per reazione sorge una sorta di vittimismo che poi impedisce ai musulmani stessi di guardare in faccia le problematiche esistenti nella loro comunità».
Siamo in un momento di trasformazioni profonde che vanno costruite.«Il rischio è che ci si blocchi in accuse e contraccuse restando fermi nelle proprie posizioni». Anche l’Insubria, nel nostro territorio, si propone di indagare queste tematiche.
«Abbiamo corsi sull’islam e lo studio comparato delle religioni e iniziative culturali che possono interessare la cittadinanza. Il 13 maggio per esempio, sarà ospite dell’ateneo l’orientalista , il 22 fratel che ha scritto libro sulla libertà di coscienza. Più avanti avremo un convegno, sul tema, ma d’orientamento più politico, che stiamo organizzando».