«Il conforto senza tempo della Madonna in Campagna»

Tutto pronto per la ricorrenza: «Qualcosa di speciale per ogni sinaghino» ricorda lo storico Grilli

E’ forse qualcosa d’inspiegabile la devozione, l’attaccamento ed il rispetto che i sinaghini hanno nei confronti della loro Madonna in Campagna (credenti e non), tramandata nella sua interezza e freschezza. Nasce da lontanissimo (tra il 1703 e 1704 iniziò la costruzione della chiesetta su una “gesioeu”(cappelletta) di cui si ha traccia in documenti dell’Archivio di Stato già nella metà del ‘500) e continua il suo cammino anche nell’era del hi-tech.

«Per tutti i sinaghini – fa sapere storico e poeta dialettale sacconaghese – la Madonna in Campagna ha sempre significato protezione in particolare per donne. Conforto per problemi di ordine psicologico, sostegno per dispiaceri ricevuti, ma anche protezione per problemi materiali. Di fronte a qualche sofferenza la gente ti invitava a raccomandarti alla Madonna in Campagna, dedicata alla Madonna Addolorata. Ti avrebbe ascoltato. E alla Madonna in Campagna si rivolgevano anche gli uomini, all’epoca i contadini, in particolare quelli che avevano il campo oltre la chiesetta, verso la cascina Speranza. Passando di lì chiedevano la protezione per il loro raccolto, che la grandine non lo distruggesse. Era il loro sostegno e di quello di tutta la famiglia».

E’ tradizione che arrivi dopo Pasqua perché nel giorno della resurrezione del 1704 vi fu la benedizione della chiesa della Madonna in Campagna e nel 1896 l’allora parroco decretò “la Festa della Madonna in Campagna alla seconda domenica dopo Pasqua”. E probabilmente anche in coincidenza «della fine dell’inverno con l’arrivo della bella stagione che invogliava la gente ad uscire di casa». Una festa che in origine era solo di un paio di giorni e che negli ultimi decenni ha visto allungarsi il suo periodo che spesso vede la sua conclusione con l’arrivo della fiaccola votiva il 1 maggio di ogni anno.

E non mancano anche aneddoti curiosi di cui è ricco Ginetto. Racconta:«E’ sempre stato tradizione che un gruppo di donne andasse al pomeriggio a dire il rosario alla Madonna in Campagna. Un tempo accanto alla chiesetta vi era un campo, di proprietà della parrocchia, in cui si coltivavano le viti. Si dice che una delle donne, solita alla frequentazione, venisse colta tra le viti, non in preghiera, ma con in mano e nelle tasche del grembiule diversi grappoli d’uva. Richiesta di una spiegazione dal guardiano del campo, si giustificò con prontezza di riflessi dicendo che aveva dimenticato la corona del rosario e che, ad ogni acino d’uva corrispondesse un’avemaria. Con disincanto il guardiano si allontanò di qualche metro ed al ritorno porse alla donna un grappolo di uva bianca e si racconta che le disse “e adesso recita un pater noster”».

Quel campo e quelle viti non ci sono più, come sono venuti meno anche quelle maestose robinie che proteggevano la Madonna in Campagna in particolare il suo silenzio mentre dalla via Longù ti addentravi nella stradina che portava alla chiesetta. E’ rimasta però la devozione e le donne che, ancora oggi, si fanno compagnia con una madonna che emana da sempre un profumo straordinario: il conforto.