Il destino dei padiglioni vincolati. Si realizza il sogno del biotech?

Dibattito aperto sui 120 mila metri “liberati” dal futuro ospedale

Ospedale, si apre il dibattito sul “dopo” dell’attuale struttura nel quartiere San Giuseppe.

Si tratta di spazi per oltre 120 mila metri quadrati complessivi, compresi nel quadrilatero tra corso Italia, viale Stelvio, via dei Sassi e via Arnaldo da Brescia, ai quali si aggiungono una serie di servizi strettamente connessi al polo ospedaliero, dai parcheggi (quello gestito da Agesp in via Arnaldo da Brescia e le aree di sosta libera che arrivano fino a via Formazza e all’ex eliporto) al “distretto” di viale Stelvio, senza dimenticare la nuova sede della Croce Rossa che verrà costruita vicino all’eliporto.

Se alcuni spazi possono essere facilmente riconvertiti, dall’asilo nido al moderno magazzino della farmacia, resta il punto di domanda su cosa ne sarà dei padiglioni che verranno svuotati di medici, infermieri e macchinari. Tenendo conto dei vincoli esistenti, che sono di tipo storico-architettonico ma anche legati al fatto che alcuni padiglioni sono stati realizzati grazie alle donazioni dei benefattori.

I vincoli insisterebbero su quattro stabili: l’ala storica di piazzale Solaro, dove oggi ha sede la direzione, e il “padiglione formazione”, che risalgono al progetto originario del 1915; il padiglione Ogp (ostetricia-ginecologia-pediatria) donato dalla famiglia Candiani negli Anni 30 del secolo scorso; e il padiglione Bizzozzero, l’ex sanatorio di epoca fascista, ristrutturato neanche dieci anni fa. Si tratta dunque di padiglioni che non è pensabile dismettere e che quindi occorre riconvertire a funzioni sociosanitarie. È qui che, verosimilmente, potrebbero concentrarsi i servizi che l’Asst Valle Olona mira a mantenere nell’area dell’attuale ospedale anche una volta costruito il nuovo polo, che sarà dedicato esclusivamente agli acuti: servizi di riabilitazione e lungodegenza riservati in particolare ai malati cronici.

Un’altra ipotesi sul tavolo è quella di concentrare in queste strutture anche tutti quei servizi di carattere sociosanitario che oggi sono “dispersi” in giro per la città.

A cominciare da quelli del “distretto” di viale Stelvio, che dipendono ormai dalla stessa Asst e non più dalla ex Asl, ma anche gli uffici dell’Ats Insubria (l’ex Asl, appunto) di piazza Plebiscito. Si libererebbero così spazi sicuramente più agevoli da “piazzare” sul mercato. Ipotesi suggestiva potrebbe essere quella di destinare alcuni spazi alle facoltà di scienze biologiche e biotecnologie dell’università dell’Insubria, attualmente localizzate ai Molini Marzoli e a villa Manara: si potrebbe provare a far sì che il sogno di far crescere una filiera produttiva nel settore biotech attorno all’università possa finalmente concretizzarsi, magari mettendo a disposizione spazi per le start up negli ex padiglioni dell’ospedale.

Anche se il sondaggio online lanciato dal Movimento X della senatrice Laura Bignami ha mostrato come per i bustocchi la miglior destinazione per l’attuale ospedale da dismettere sia quella a verde e parchi. Perché se il cemento dovrà invadere Beata Giuliana a nord, ci si aspetta di recuperare verde a sud.