«Il Museo del Tessile ora diventi Fondazione»

La proposta di Luigi Giavini, in occasione del ventesimo compleanno del “gioiello” di Busto Arsizio

Buon compleanno, Museo del Tessile. «Un gioiello che merita di essere ancora più valorizzato. Ora diventi una Fondazione». A proporlo è , cittadino benemerito di Busto Arsizio, colui che il 26 ottobre del 1997 realizzò il «sogno nel cassetto» di appassionato, oltre che professionista, del settore che fece di Busto la gloriosa “Manchester d’Italia”, tagliando il nastro del Museo del Tessile e della Tradizione Industriale negli spazi ristrutturati dell’ex Cotonificio Bustese. Esattamente vent’anni fa l’inaugurazione, con l’allora sindaco leghista ianfranco Tosi e l’allora assessore alle relazioni , che si battè per il recupero dello storico edificio industriale abbandonato, da sempre chiamato confidenzialmente “Ul Carlotu” dai bustocchi, dal nome dell’imprenditore , oppure “il Castello”, per la caratteristica sagoma su via Volta. Luigi Giavini aveva proposto questa sua idea già alle amministrazioni precedenti, senza fare breccia, poi aveva organizzato una prima esposizione del materiale raccolto nell’ex macello civico.

«L’idea m’era venuta quando, nel ‘64, avevo cominciato a lavorare al Cotonificio Bustese – racconta oggi Giavini – erano gli anni in cui venivano avanti le innovazioni tecnologiche nel tessile. Rendendomi conto che era un mondo che stava cambiando irrimediabilmente, ho cominciato ad andare in giro a cercare documenti, campioni, macchinari, per salvarli come memoria storica. Fu un grande sacrificio, perché non tutti avevano capito questa mia idea. “Te gh’è il tempu da perdi”, mi dicevano».

Poi il sogno, grazie alla sensibilità identitaria delle giunte leghiste che governavano in Comune e in Provincia, si avverò. «Quel giorno c’era un mare di gente che rimaneva estasiata, perché in fondo tutti, o loro stessi o i loro padri, avevano lavorato nel tessile – il ricordo di Giavini di quel 26 ottobre – fu una grande emozione».

Oggi riportare alla mente quei momenti lascia anche un pizzico di amaro in bocca. «Purtroppo – ammette Giavini – si sta perdendo questa identità, vuoi per le innovazioni che stanno stravolgendo il settore, ma vedo mancanza di fiducia e coraggio, anche perché ormai è troppo complicato produrre. Ma ricordiamoci che se non si produce ricchezza, non si potrà vivere sempre di rendita del passato». L’epopea della “Manchester d’Italia”, che Giavini ha messo nero su bianco in tanti libri, avrebbe dovuto rivivere soprattutto nel Museo del Tessile, ma forse non è bastato, anche perché il Museo, secondo il suo ispiratore, «andrebbe rivitalizzato. Oggi per quanto riguarda le scuole si sta facendo un lavoro egregio. Ma è la gente di Busto che deve riscoprire il significato della storia tessile di Busto, che non viene più insegnata. Eppure quando racconto le vicende storie del nostro passato tessile, tutti rimangono a bocca aperta, affascinati».

Come? Giavini una proposta ce l’ha, e il ventennale è il momento giusto per esternarla: «Il Museo diventi una Fondazione, indipendente dal modo di vedere degli amministratori che si succedono. Come a Prato al Museo del Tessuto, che è retto da una Fondazione in cui sono dentro Regione, Provincia, Comune, confederazione degli industriali, sindacati, scuole e funziona a meraviglia».