«Lo ha indicato il Papa. La porta della cella come “porta santa”»

Una dimostrazione di vicinanza ai carcerati

Il Giubileo della Casa circondariale di Busto Arsizio: la città e la Chiesa fanno sentire la propria vicinanza a chi è dietro le sbarre. «Lo ha indicato Papa Francesco: la porta della cella come “porta santa”, passaggio da compiere per chi è disposto spiritualmente».
Domenica si è celebrato il Giubileo dei detenuti nei sette istituti di pena sparsi sul territorio della Diocesi di Milano. Una giornata scelta, spiega Ileana Montagnini, responsabile dell’Area carcere di Caritas ambrosiana, «riflettendo con i cappellani e con l’Arcivescovo per non sovrapporre le date e permettere a una delegazione di poter partecipare al Giubileo di Roma la settimana prima. Il desiderio era di dare comunque un segno concreto e visibile a tutti quei detenuti che non avrebbero potuto partecipare alla celebrazione con Papa Francesco».

Così le carceri sono diventate il momento culminante della chiusura dell’Anno Santo, con la veglia di preghiera organizzata sabato sera dal Decanato di Busto Arsizio, insieme a quelli di Gallarate e Valle Olona, che ha rappresentato l’ultima iniziativa delle comunità prima delle celebrazioni a chiusura del Giubileo. Del resto, ricorda Ileana Montagnini, «già dalla Bolla di indizione questo Giubileo aveva una particolare attenzione rivolta alle persone che scontavano la pena, anche nel carcere. L’intuizione felicissima è stata quella di considerare la porta non come luogo di separazione, ma di “passaggio santo”, se la persona è disposta spiritualmente. Aver indicato la porta della cella come “porta santa” ha già ribaltato molto la prospettiva in quest’anno giubilare. In tal modo si indica il carcere come luogo di speranza e non di disperazione».

Così, anche l’istituto di via per Cassano, con il cappellano don Silvano Brambilla, ha proposto un cammino di preparazione al Giubileo, sfociato nella partecipazione alla cerimonia in San Pietro. La veglia di sabato sera, partecipata da più di cento fedeli, è stata invece la dimostrazione della vicinanza delle comunità parrocchiali a quella che vive e opera all’interno della Casa circondariale di via per Cassano. Iniziata in chiesa a Sant’Anna con le riflessioni e le testimonianze (tra cui la proiezione di un video sull’emblematico

e significativo incontro tra due donne Claudia Francardi e Irene Sissi, la vedova di un carabiniere e la madre del ragazzo che lo ha ucciso), è proseguita con una fiaccolata fino all’esterno della struttura carceraria. «Mi sono sentito parte della comunità, senza diffidenze – confida Claudio Bottan, tra i testimoni della serata, già protagonista della “spedizione” bustocca al Giubileo dei carcerati nella Basilica di San Pietro da Papa Francesco – lo confesso, alla fine della fiaccolata sono rimasto di spalle rispetto al carcere, non ho avuto il coraggio di alzare gli occhi per guardarlo, perché avverto ancora il dolore che provano le persone che stanno dentro. Ma presto ritornerò dentro, tra un mese, e lo farò volentieri, per parlare ad un gruppo di studenti dell’Università Bicocca sull’esperienza di “Vocelibera”». Per Francesco Nicastro, diacono responsabile della Carità del Decanato di Busto Arsizio, è stata «un’iniziativa lodevole e molto partecipata, visto che c’erano più di cento persone, un numero notevole visti gli standard del sabato sera…».

Domenica invece, alla presenza di monsignor Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano, il Giubileo dei carcerati si è celebrato con una Messa all’interno della Casa circondariale, seguita da una visita in tutti i reparti per la benedizione, che ha consentito di portare ai detenuti il messaggio dell’Arcivescovo Angelo Scola, consegnato a ciascuno in una lettera. L’invito del Cardinale ai detenuti è di «abbandonarsi fiduciosi nelle braccia della Madre, certi che le sue mani instancabili scioglieranno tutti i nodi che soffocano e paralizzano la nostra vita. Così anche i nostri occhi potranno vedere lo sguardo amoroso di suo figlio e le nostre orecchie potranno gustare le sue parole “Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più”». Momenti intensi e molto sentiti, che hanno permesso allo stesso carcere di Busto Arsizio di vivere in pieno una riscossa, dopo gli anni della cattiva fama dovuta alla sentenza Torreggiani sulle condizioni disumane di vita all’interno delle celle. «Una rivincita» come l’ha definita la responsabile dell’area trattamentale Rita Gaeta al ritorno dal viaggio a Roma per incontrare Papa Francesco insieme al direttore Orazio Sorrentini e ai detenuti.