«Per il Palio non dormiamo di notte»

Oggi si corre il Palio di Legnano (nonostante la pioggia si corre) - «Chi pensa che questa sia poco più di una sagra di paese non sa di cosa parla»

No, non lo chiameremo folklore. Perché il Palio di Legnano è ben altro: è sentimento, rivalità, amicizia, impegno, cuore, storia. Stile di vita. Niente a che vedere, insomma, con lo stereotipo della rappresentazione da cartolina o da dépliant per turisti della domenica. Il Palio di Legnano è qualcosa che il vero contradaiolo vive tutto l’anno. Certo, a maggio l’intensità cresce fino a esplodere nella tempesta di emozioni che – nell’ultima settimana del mese – scuote i contradaioli tra le cene con i fantini, il fervore febbrile dei preparativi, la Provaccia del venerdì sera e poi la sfilata e la corsa dei cavalli alla domenica.

Ma quello è l’apice, appunto. Poi c’è tutto il resto, ossia un’intera città coinvolta nell’evento. Con il maniero – punto di riferimento della contrada – che diventa per molti una seconda casa. E il foulard con i colori della contrada viene sfoggiato con orgoglio dai ragazzi che lo legano allo zainetto e dagli adulti che lo espongono in auto. «La contrada è una famiglia, un ritrovo, una sorta di oratorio per persone di tutte le età

– ci racconta , legnanese doc (contrada di Legnarello), insegnante di marketing e profondo conoscitore del Palio – La cosa bella è che in contrada tutti vogliono dare una mano: chi organizza gli eventi, chi pulisce, chi aiuta in cucina».
Una famiglia, appunto. «Chi non è di Legnano pensa che il Palio sia poco più di una sagra di paese, ma non sa di cosa parla. Noi in questo periodo non dormiamo di notte». Identità, amicizia, senso di appartenenza a un rione, ma soprattutto a una storia che affonda le radici nel Medioevo, e a distanza di secoli conserva intatto il proprio senso. Un evento che vive di simbologie arcaiche, ma ancora molto sentite in città, pure dai ragazzi.
Come la cerimonia della Traslazione della Croce, la liturgia che di fatto dà il via alle celebrazioni del Palio: il “crocione”, come viene definito popolarmente, è il trofeo che la contrada vincitrice si porta a casa, conquistando il privilegio di custodirlo nella propria parrocchia per un anno intero. Fino al Palio successivo, quando la Croce viene traslata prima nella basilica di San Magno, poi allo stadio “Mari”.

Quest’anno la cerimonia è stata più agitata del solito. «Nel momento in cui Legnarello, contrada vincitrice della scorsa edizione, ha riportato la croce in San Magno, i contradaioli di Sant’Ambrogio si sono girati – racconta Ferrè – Sant’Ambrogio infatti si sente “defraudato” del Palio, assegnato a Legnarello al fotofinish e fra mille contestazioni».
Del resto, quella del Palio è anche una storia di passioni impetuose, scatti d’orgoglio, goliardiche provocazioni (c’è chi è arrivato a sguinzagliare dei topi nel maniero avversario), gesti eclatanti. Come quello messo in atto dai contradaioli di San Domenico, che nel 2006 invasero il campo per protestare contro la decisione (effettivamente errata) del mossiere di far partire la corsa nonostante il cavallo di San Domenico fosse girato. Il Palio fu clamorosamente sospeso. E la contrada di San Domenico punita con la squalifica per la gara ippica dell’anno successivo, più diecimila euro di multa (ma le altre contrade solidarizzarono con gli squalificati).
E a proposito di San Domenico, come non citare la goliardica “Cena gallica” che i biancoverdi organizzano qualche settimana prima del Palio, gozzovigliando e tracannando fiumi di vino in costumi degni di Asterix e Obelix?
Modi spensierati per avvicinarsi ai grandi eventi del fine settimana, a partire dalla Provaccia del venerdì sera, quella che vede protagonisti i giovani fantini emergenti. «È forse la gara più bella, perché non c’è la tensione che si respira la domenica – spiega ancora Ferrè – Una volta si diceva “Chi vince la Provaccia non vince il palio”. Ma negli ultimi anni il detto è già stato smentito due volte». Per la cronaca, stavolta ha vinto Sant’Erasmo.

I legnanesi, ma anche i tanti forestieri appassionati del Palio, fanno gli scongiuri nella speranza che oggi non piova, anche se le previsioni non sono buone. In caso di pioggia potrebbe essere annullata la sfilata storica: «E sarebbe un peccato, perché verremmo privati di alcuni dei momenti più emozionanti del Palio – osserva Ferrè – Come la carica della Compagnia della Morte, guidata da Alberto da Giussano che arriva a cavallo con la spada puntata verso il cielo. O la liberazione delle colombe: secondo la tradizione, il Palio viene vinto dai contradaioli che vedono passare sopra la propria testa le colombe appena liberate».
Da qualche anno, inevitabilmente, il Palio è sbarcato in maniera massiccia anche sui social network, da Facebook a Instagram. «E le differenze tra una contrada e l’altra – osserva Ferrè – si notano anche semplicemente seguendo le pagine social delle otto contrade. Gli eventi che organizzano sono indicativi, fanno capire al volo le diversità che esistono, per esempio, tra una contrada centralissima e un po’ snob come San Magno, e una più popolare e periferica come la Flora».
Tradizione e modernità, storia e futuro, leggenda e presente si mischiano in maniera indissolubile durante il Palio di Legnano. Che, come abbiamo visto, è molto più di una semplice rievocazione della battaglia del 29 maggio 1176 tra l’esercito del Barbarossa e le truppe della Lega lombarda.
È senso di appartenenza a una comunità e a un luogo, un nucleo di storie e sentimenti tramandato di padre in figlio. Evento incantato in cui il tempo sembra sospeso, la distanza dei secoli, annullata.