«Con il musical spengo la tivù dell’orrore»

L’intervista a Enzo Iacchetti Comico, attore e regista, dal 21 novembre a Milano con “Come Erika e Omar. È tutto uno show!”

Enzo Iacchetti debutta al teatro Delfino di Milano con “Come Erika e Omar. È tutto uno show!”. Dal 21 novembre al 7 dicembre, nei panni di regista e produttore, l’attore luinese presenta il “diversamente musical”, con musiche di Francesco Lori e liriche di Tobia Rossi, una commedia noir e grottesca che smaschera l’orrore che si crea, in televisione, sui casi di cronaca nera. L’Italia degli orrori mediatici raccontata attraverso una storia che non è quella di Novi Ligure, ma di due adolescenti che per mille motivi decidono di ripercorrere i loro passi: «Se mi credete e mi volete bene venite a vederlo», dice Enzino.


Faccio il regista e il produttore, perciò mi arrivano copioni tutti i giorni. Quando ho visto il titolo pensavo che l’autore fosse matto. Poi ho pensato fosse giusto dare almeno un’occhiata. In venti minuti l’ho letto e gli ho telefonato per dirgli che è bravissimo. È un ragazzo giovane che da piccolo abitava a Novi Ligure e ha sentito parlare di quei fatti. Una delle prime tragedie trasformate in un business colossale.


Niente sangue o coltelli, ma una narrazione psicologica. La storia di Jessica e Christian, due fidanzatini innamoratissimi, che vivono a Santa Serena, dove “non succede mai niente”, un paese insignificante come Cogne, Garlasco, Avetrana, Perugia o Erba.


Rappresentiamo le dinamiche di questa immaginaria famiglia: un papà traditore che inquina con la sua industria, un fratellone rompipalle che vorresti uccidere appena lo vedi, una mamma del Mulino Bianco che sostiene d’avere una famiglia perfetta e una ragazza un po’ emarginata, perché è diversa, fa tardi a cena o dice parolacce. Nella seconda parte si rappresenta lo scempio che ogni volta si fa di queste situazioni che sfociano nelle gita in bus di fronte alla villetta di Garlasco o al garage di Avetrana. A spingere è la spettacolarissazione dell’orrore, un business creato dalla tv.


Posso ingrassare. In tv devi essere più magro, perché l’obiettivo allarga e se diventi vecchio sembri più in forma. Da regista vivi due mesi meravigliosi, nei quali non ti vede nessuno. Poi, se devo tornare in tv, faccio diete per essere a livelli decenti.

Sono dodici, bravissimi e sconosciuti. Il privilegio del mio ruolo è poter condividere con loro la mia esperienza di attore. Non mi ritengo un uomo di tv: mi ha dato popolarità, ma ho sempre fatto teatro, già da bambino sul palco dell’oratorio. Come per il calcio, un buon giocatore che diventa anziano fa l’allenatore.

Ho trovato un gruppo formidabile e alla fine ci ho messo anche i soldi, perché credo nella bontà del progetto. Non so se rientreranno, ma vale la pena scommettere sui giovani. E poi quando produci crei posti di lavoro.

Io non amo la giallistica. Questi casi dovrebbe risolverli chi di dovere e le indagini non dovrebbero interessarci. Mi scandalizza di più che a Genova, a ogni temporale, la gente a valle venga massacrata dal fango per colpa dei politici che hanno massacrato la montagna. Diventa famoso lo psicologo o il criminologo di turno che è tutte le sere in tv, poi se si propone qualcosa di diverso e innovativo dicono che non ci sono soldi, perché interessa di più investire in queste trasmissioni: lo trovo vergognoso.


Ritornerò a “Striscia la notizia” dal 7 gennaio al 21 febbraio, in coppia con Ezio Greggio. Per un ritorno sul palco nella stagione 2015/16 sto valutando tre copioni. Senz’altro lavorerò con Giobbe Covatta a un testo molto interessante, e anche a un altro con Ninì Salerno, che ha scritto una cosa che mi è molto piaciuta.


Accetto sempre di salvare i teatri che rischiano di chiudere, soprattutto quelli che non hanno finanziamenti statali. Il gestore mi ha chiesto un cartellone brillante. Dopo l’omaggio a Pingitore in dicembre, all’ex Bagaglino arriveranno comici, attori e autori nuovi che sto vagliando.


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Il teatro Delfino, dove presentiamo il musical, è fuori dal centro, vicino a Linate. È giusto che stia aperto perché sperimenta cose nuove.