Cristina Bellon premiata a Como. È la seconda finalista del concorso

Un grande 2017 per la letteratura varesina. La nota scrittrice ottiene il terzo podio per “L’Uomo che non sono”

Il 2017 sarà ricordato senz’ombra di dubbio come l’anno delle scrittrici varesine: ma in particolare la palma spetta a Cristina Bellon, che sta letteralmente inanellando un successo dietro l’altro e in svariati campi.

È giunta da poche ore, infatti, la bella notizia del suo terzo piazzamento alla quarta edizione del Premio Letteratura Città di Como con il romanzo “L’Uomo che non sono” (Cairo Editore, 2016), che arriva due anni dopo l’opera prima nel genere, “L’ora breve” (Gruppo B Editore, 2014), e quattro dopo il saggio “Il futuro spiegato ai ragazzi”, scritto a quattro mani con l’astrofisico Giovanni Bignami, recentemente scomparso. Una scrittrice prolifica ed eclettica, che in realtà sforna un libro all’anno,

e che ha pubblicato sinora solamente una piccola parte di quello che ha già prodotto: del resto è impegnatissima su svariati fronti, ed è reduce da un’estate di impegni culturali. Particolarmente apprezzata come direttore artistico della rassegna “Giardini Letterari 2017” di Villa Toeplitz e della prima edizione del “Varese Festival”, il festival della letteratura, scienza e cinema organizzato dalla Varese Nascosta (per la quale sta registrando un format in dieci puntate che andrà in onda su Telesettelaghi a partire dalla metà di ottobre), la vulcanica Cristina nasce in realtà come giornalista scientifica e firma per importanti riviste e quotidiani fra cui La Stampa: ed è suo il bel pezzo di pochi giorni fa, che ha il merito di aver lanciato in un’ottica nazionale il festival del paesaggio Nature Urbane.

“L’uomo che non sono” è una storia al maschile insolitamente scritta in prima persona da una donna. «Si tratta di un noir psicologico nel quale descrivo una persona comune, non un eroe con i suoi limiti le fragilità umane: è un romanzo che prende avvio in un paese di campagna a sud di Milano ed esplora il senso del limite, la fragilità, l’inadeguatezza e la fine delle cose, che parla della nostra condizione umana con un ritmo incalzante da thriller e puntando sull’introspezione del personaggio». Convinta sostenitrice dello sperimentalismo, Bellon, che è già al lavoro con un’opera in cui le protagoniste sono madre e figlia, si cimenta di continuo con nuovi stili e strutture di romanzo, senza mai pensare ad un sequel: «Ogni romanzo dev’essere una cosa rara ed unica, una creazione particolare».

Premiata da una delle più grandi scrittrici italiane viventi, Dacia Maraini, quella forza della natura che risponde al nome di Cristina Bellon è certa del fatto che chi si crogiola sugli allori è perduto: «Sono onorata del piazzamento da seconda finalista e ringrazio la casa editrice che ha creduto in me, ma considero tutto ciò come un punto di partenza per continuare a fare cose nuove: la creatività è l’ingrediente che cambierà il mondo».

E noi le crediamo sulla parola.