«È finito il cliché della cittadina sonnolenta. Varese è ormai la grande casa della cultura»

Le valutazioni dell’attore e insegnante Andrea Minidio sull’offerta artistica presente in città

Mentre il sole si accosta alla canicola, riscopriamo il privilegio di vivere immersi in un paesaggio dominato dalle fronde degli alberi. “Il mover del le fronde e di verzure” instillò in Angelica un moto di paura, ma è quello che la condusse al locus amoenus ove trovare un poco di riposo.

È così che la città cerca tranquillità e pace in questi giorni di estate, tra le sue ville e i suoi boschi, in uno dei paesaggi più ameni del Bel Paese. Ma il riposo estivo non è certo il mero “dolce far niente”, l’ozio della villeggiatura prevede quello che i francesi indicano con il termine loisir, lo svago intellettuale nel tempo libero. L’estate 2017 a Varese sta offrendo a cittadini e turisti un vasto e colorato ventaglio di proposte artistiche e culturali.

Il cliché della cittadina provinciale ed assonnata appare da tempo inadeguato a descrivere il capoluogo prealpino che risulta oramai un centro vivace e dinamico. Si può quasi riconoscere un certo sovradimensionamento dell’offerta culturale rispetto al contesto demografico della città, tanto da richiedere una riflessione su una strategia di comunicazione che sia in grado di attirare un numero più vasto di visitatori.

Per compiere una valutazione più precisa in questa direzione, è necessaria un’analisi attenta della particolare vocazione di Varese nel contesto degli eventi culturali italiani. E così scopriamo che i varesini amano immergersi nella bellezza dei giardini per assistere ai più svariati spettacoli: il cinema ed i festival musicali ai Giardini Estensi; il jazz, il teatro e la letteratura a Villa Toeplitz; il teatro e la musica all’Isolino Virginia; persino l’Orchestra dell’Accademia della Scala all’Ippodromo delle Bettole;

e il teatro sacro alla Terrazza del Mosè, che si apre su un panorama addirittura mozzafiato. A Varese, dunque, il vero grande teatro è quello dei suoi giardini. Il termine usato da Ariosto era “verzura”, arcaico sostantivo che indicava il verde delle piante e che rimane nel corrente vocabolario quasi solo nella locuzione “teatro di verzura”. Con questa espressione si indicano gli spazi realizzati con architetture vegetali nei giardini del ‘700 per accogliere spettacoli estivi. In tutta Italia sono conservati decine di teatri di verzura, tra i più noti citiamo quello di Villa Reale di Marlia, Lucca; o quello di Villa La Pietra di Firenze; o quello a noi più vicino della Villa Della Porta Bozzolo di Casalzuigno. Se è vero che molti degli eventi culturali a Varese prendono vita immersi nel suo scenografico paesaggio, abbiamo forse una chiave di lettura per comprendere la sua vocazione principale. La città prealpina è un grande teatro paesaggistico, i suoi operatori culturali lo hanno compreso e stanno animando i parchi della città con iniziative interessanti. Certo è lontano quel settembre del 1825 in cui Leopardi scriveva alla sorella Paolina che “Varese è il Versailles di Milano”, ma forse non è azzardato pensare che i suoi giardini siano presto riconosciuti per la vivacità culturale che li anima e li impreziosisce.