Giacobazzi replica e centra un altro sold out. «Faccio il nonno ma non do alcun consiglio»

Andrea Sasdelli questa sera al teatro Openjobmetis di Varese con il monologo “Io ci sarò”

“sbanca” l’Openjobmetis. Dopo 65 repliche sold out e a distanza di pochi mesi, , in arte Giuseppe Giacobazzi, questa sera torna a Varese e fa nuovamente il tutto esaurito con lo stesso show “Io ci sarò”, nato da un video messaggio indirizzato ad un’ipotetica nipotina. Saranno due ore di monologo a ritmo intenso per il comico romagnolo – o meglio il racconta storie, come ama definirsi – che, dopo l’esordo in radio, ha sulle spalle oltre 30 anni di carriera tra teatro, cabaret, libri, film, tv con Zelig che lo ha reso molto popolare.


Se avessi un segreto, scriverei un libro, lo venderei e sarei miliardario. In realtà mi stupisco tutte le volte. Sono bravi gli spettatori che investono tempo e denaro per vedermi. Questo mi lusinga, mi ingorgoglisce e mi commuove.


Si tratta di un dialogo con qualcuno che magari non vedrò vista l’età media a cui si hanno i figli oggigiorno. Ho una bimba piccola e mi immagino di parlare coi suoi figli e di cercare di far capire qual è la nostra vita. Faccio i classici discorsi da nonno che ama raccontare senza dare consigli. Non mi è mai piaciuto darne.

La più importante è quella di cercare di guardarsi allo specchio tutti i giorni e domandarsi “sei felice?” e rispondere sinceramente. Poi l’importante è cercare di vivere in modo da potersi sempre rispondere sì.


Non l’ho mai sopportato. In ogni periodo si sta bene e male. Bisognerebbe imparare a scindere positivo e negativo nelle diverse situazioni e tenere solo il positivo. Una volta si stava meglio? Per forza, eravamo giovani. È il momento in cui vedi il mondo da un’altra ottica e sei incosciente ed esuberante. Son tutte cose che vanno considerate, quando si guarda indietro. Oggi siamo un po’ più aperti, bombardati da notizie diverse e abbiamo una disposizione “forzata” alla tecnologia. Tutto questo ravvicina il gap generazionale. La differenza la sentivo molto di più con mia nonna. Se avevo i pantaloni strappati, perché andava di moda, lei mi diceva “vieni che te li cucio”.


Nonostante abbia 54 anni e lei 4 ho meno problemi a rapportarmi. Diventare genitore da grande, porta ad avere consapevolezza del ruolo.

Avrebbe pianto durante tutto il video. Era un uomo dal cuore tenerissimo. L’ho perso nel 2004, ma se avesse conosciuto sua nipote sarebbe regredito allo stato primordiale, non lo avrei distinto dalla piccola.

Uno spettacolo fa di solito due stagioni, questo si concluderà nel 2018 e quello nuovo dovrebbe debuttare a gennaio 2019, non sappiamo ancora il titolo, ma abbiamo una bella idea di fondo.


Al primo posto c’è il teatro. Non mi reputo un comico puro, ma un racconta storie. Al secondo posto c’è la radio. Facevo un programma notturno, quando ancora si potevano mettere canzoni dei Pink Floyd fino alla fine. Ero in onda dalle 22 alle 7 ed era bellissimo, un’officina di fantasia e di emozioni, dove si impara la dimestichezza con le parole. Fare film è stata un’esperienza bellissima e la tv la metto per ultima. Non ho la predisposizione mentale e, infatti, ho fatto “Zelig” che è quanto di più vicino al teatro ci fosse in televisione.

A me viene talmente facile che le possibilità sono solo due: ho fatto tante stupidate nella vita che alla gente vien da ridere oppure le hanno fatte anche gli altri e ridono perché ci si riconoscono.

Cose comuni. Mi è sempre piaciuto l’umorismo cinico di Tognazzi e Vianello. Uno dei miei film preferiti è “I Mostri” di Risi con Gassman e Tognazzi. Anche se sono passati più di 50 anni da quando è stato girato resta uno dei più divertenti e dei più corrispondenti alla nostra realtà. E negli anni non siamo cambiati tanto.