Grande studioso e patriota risorgimentale. Il conte Pullè legò il suo nome a Varese

Lo storico Luca Villa traccia il profilo del nobiluomo, che custodì il Colle di Castello di Laveno

Per scoprire chi era il conte Francesco Lorenzo Pullè (1850-1934) e, soprattutto, quale importanza rivestì nel secolo scorso, nella provincia di Varese e in Italia, abbiamo intervistato Luca Villa, uno storico della cultura italiana moderna e contemporanea, che vive a Bologna e che è specializzato nelle relazioni tra Italia e paesi extraeuropei. Attualmente, Villa gestisce il sito del Museo Indiano di Bologna, collaborando con la Fondazione Del Monte alla catalogazione del fondo fotografico Pullè già nel Museo Indiano e coordinando il progetto Orientalia Domenicana per la Biblioteca Patriarcale San Domenico di Bologna.

Francesco Lorenzo Pullè, erede di un’antica casata nobiliare delle Fiandre stabilitasi in Veneto alla fine del Cinquecento – spiega Villa – è stato un etnografo-linguista distintosi, in Italia e ancor più in contesti internazionali, per i suoi contributi agli studi orientalistici, suffragati da una lunga carriera accademica, svolta in qualità di professore di filologia indoeuropea e sanscrito prima a Padova, poi a Pisa, e infine a Bologna, da un considerevole numero di pubblicazioni, riferite alle lingue e alla cartografia dell’India, ma anche ai dialetti e alla storia linguistica patria, e da una costante presenza, arricchita da numerosi e rilevanti interventi, a Congressi Internazionali, in specie di Orientalisti. Divulgatore instancabile, nel corso dell’attività professionale condotta a Bologna diresse l’Università Popolare, intitolata a Giuseppe Garibaldi, e il Museo Indiano, con sede nel Palazzo dell’Archiginnasio, da lui fondato in seguito a un viaggio in Asia avvenuto tra il 1902 e il 1903.

Pullè era un ammiratore di Carlo Cattaneo, si sentiva un discepolo del linguista Graziadio Ascoli, con cui ebbe una lunga corrispondenza, ed era in effetti un seguace di teorie di matrice positivista, ha mostrato durante la sua vita l’instancabile volontà di motivare al progresso intellettuale e sociale i suoi compatrioti.

Animato da un forte spirito di riscatto, mutuato dagli ideali risorgimentali, a soli sedici anni, cercò di arruolarsi nel Corpo Volontari Italiani guidati da Garibaldi destinati a combattere l’impero austriaco in Trentino. Pullè ha legato il suo nome al patriota italiano anche a Laveno, come è stato ricordato solo qualche anno fa da Giuseppe Armocida e Gaetana Silvia Rigo durante il convegno “Il Lago Maggiore e Garibaldi”, con un intervento in cui lo si definisce giustamente «custode delle memorie garibaldine» in virtù dell’acquisto, da parte del professore, del Colle di Castello, avvenuto nel 1889.


Questo era il colle su cui in precedenza era sorto l’omonimo forte, bastione difensivo degli austriaci, contro cui il 30 e 31 maggio del 1859 si scontrarono i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi, pur con esito sfavorevole. Pullè fece esplorare la proprietà con l’espediente di trasformarla un’area boschiva, e l’aver piantato circa 36.000 alberi può farci comprendere quante buche e fosse furono realizzate in quell’occasione nel preciso intento di trovare testimonianze dell’evento bellico. La torre su cui fece apporre le lapidi a ricordo dei caduti durante lo scontro e l’ossario che ne conserva le spoglie, rammentano ancor oggi il contributo di Francesco Lorenzo Pullè alla storia patria a Laveno, paese che aveva conosciuto grazie al matrimonio con la nobildonna Antonina Carcano, nel 1883, e che sarebbe poi stato anche il teatro di alcune fra le sue prime sfide politiche.

Pullè sembra dimostrarci di non aver mai sottomesso nessun interesse allo studio e al progresso della conoscenza. I suoi contributi, sebbene in alcune parti rivedibili e in certa misura superati dal tempo hanno ancora un significato assai rilevante per comprendere la storia delle idee in Italia e i progressi nella conoscenza della cultura italiana e delle culture asiatiche. La testimonianza del suo lavoro corrisponde al racconto delle sue passioni e dei suoi ideali, che troviamo rispecchiati ancor oggi nel lascito alla cittadinanza di Laveno e negli oggetti appartenuti al Museo Indiano, ancora in parte esposti nelle sale del Museo Medievale e del Museo di Palazzo Poggi, a Bologna, su cui ancora oggi stiamo lavorando.