Il Magnificat di Alda Merini riecheggia al Sacro Monte

Questa sera alle 21 alla terrazza del Mosè l’interpretazione di Arianna Scommegna

Il Magnificat di riecheggia a “Tra Sacro e Sacro Monte” nell’interpretazione di .

Sulla terrazza del Mosè, questa sera alle 21, l’attrice milanese si misurerà con la drammatizzazione di una raccolta di poesie della “poetessa dei Navigli”.

«Tutti i testi hanno come protagonista Maria e il suo sguardo dall’Annunciazione fino alla perdita del figlio. Abbiamo cercato di raccoglierli, dandogli ordine cronologico come fosse unico racconto» spiega l’artista.

La coproduzione tra Teatro de Gli Incamminati – deSidera Teatro in collaborazione con ScenAperta Altomilanese Teatri e ATIR Teatro Ringhiera che propone una delle più interessanti interpreti del palcoscenico italiano in un «monologo, che è un progetto corale, nato con Gli Incamminati, la regia di Paolo Bignamini, la fisarmonicista Giulia Bertasi con me in scena ed è frutto di un lavoro di team con Gabriele Allevi e Francesca Barattini che si è occupata di scena e costumi».

Sacro e profano si intersecano nella poetica della Merini.

«Alda ha sempre sottolineato questo rapporto tra sacro e profano che è umano, come lo siamo noi, fatti di spirito e di carne. Una contraddizione che ci permette di esistere, come il continuo cercare di dimenticare la morte e il ricordarla perchè permettere di vivere intensamente la vita».

Un testo meraviglioso «non tanto dal punto di vista estetico quanto per il messaggio di profonda pace: tra vita, morte e risurrezione. In questo momento penso che abbiamo bisogno di parole buone che rimangano nella mente e che irradino luce. ».

Questo ha permesso passare dalla lettura allo spettacolo.

«Senza presunzione, abbiamo realizzato un’immagine di religione non invasata, d’un pensiero e d’una fede che abbracciano tutti in maniera laica. Certo è Maria, è la madre di Gesù, ma il testo non è strettamente legato a cattolicesimo. È molto vicino al lato umano e lo rende universale come era Alda. Per me Maria è poesia e la poesia può essere vissuta in modo personale con preghiera o attraverso la contemplazione della natura».

«È la prima volta che prendo un’opera di poesia e la traduco in testo teatrale. Ero in soggezione, non sapevo se avrebbe funzionato. La poesia non ha un bisogno preponderante di interpretazione, ma di essere lasciata fluire, di essere detta. La recitazione deve essere la più sobria possibile pur non risparmiandosi nell’approccio».

Era un sogno partecipare a questo festival. «Volevo assolutamente venire al Sacro Monte – racconta Arianna – Per me sarà la prima volta e l’occasione per viverlo tutto il giorno. I sacri monti sono luoghi così densi di storia, preghiera e pellegrinaggi che hanno una forza spirituale densa e una potente energia creativa. Viene voglia di frequentarli e per un attore penso sia il massimo poterli vivere ed esibircisi».

Essere attrice oggi significa «occuparsi dell’uomo. Il nostro teatro Atir, che compie 21 anni, lavora nel territorio e nel sociale. Ci sono dai laboratori per bambini a quello per drag queen o king. Stare nella società è questo: vivere con le persone, conoscere il mondo e dare qualcosa di proprio senza chiudersi nell’universo del teatro, ma vivere nel tessuto urbano della città e del Paese». Il teatro è luogo prezioso e fondamentale: «uno dei pochi ritrovi nel quale siamo costretti a tenere i cellulari spenti per un ampio lasso di tempo e interagire con l’altro vis a vis. Non è snobismo per tv e cinema che ho fatto e mi piacerebbe rifare. Ma al di là del giudizio morale o etico è un luogo necessario».