Il mistero del Natale al Museo Baroffio

A partire dall’Immacolata le porte si apriranno per un mese dedicato a tutti

All’Immacolata le porte del Museo Baroffio si riaprono per un mese di aperture e nuove iniziative: per i più grandi una conferenza tra le immagini del Natale di tutto il Sacro Monte; per i più giovani, c’è il mistero dell’oro scomparso dei Magi.

«Se il museo vuole prosperare nel XXI secolo non può permettersi di essere solo un luogo di fuga dalla società. Deve stimolare, provocare, coinvolgere, oltre offrire uno spazio per la contemplazione e la consolazione. Deve essere un luogo in cui condividere, un commonwealth delle idee».

Quando ho letto le parole scritte da Nicholas Serota, direttore della Tate Gallery, ho subito pensato al Museo Baroffio e del Santuario al Sacro Monte .

Nato negli anni ’30 del Novecento dall’amore del Barone Baroffio per il Sacro Monte di Varese e poi arricchito con la collezione del Museo del Santuario è stato riaperto dopo anni di degrado e abbandono nel 2001 per volontà di mons. Pasquale Macchi. È un museo relativamente piccolo (otto sale austere ma eleganti) ma ben organizzato, in cui è allestita parte della quadreria appartenuta a Baroffio con opere di scuola lombarda, emiliana, fiamminga, e i reperti di varie epoche legati alla storia del Santuario,

oltre a una originale sezione di opere d’arte contemporanea costituita in occasione della riapertura dopo i restauri, con opere di arte sacra mariana di artisti quali Bodini, Buffet, Sironi, Chagall, Guttuso, Sassu, Minguzzi. Considero quel museo uno dei luoghi di cultura più interessanti e vitali del nostro territorio. Dal giorno dell’apertura nonostante il percorso in salita per la disaffezione dei varesini dovuta agli anni di abbandono e per la mancanza di una seria politica culturale, il museo ha riconquistato visitatori (quest’anno a quota oltre 5000) e credibilità scientifica e questo lo si deve innanzitutto alla volontà della proprietà che non ha mai messo in discussione il senso più vero del museo ( museo ecclesiastico) e la sua stessa esistenza. In contiguità visiva e fisica (attraverso un ascensore) con il Santuario, ha una identità forte e la si percepisce subito. Del resto nella mens cristiana i musei ecclesiastici sono strutture poste al servizio della Chiesa, e attraverso le opere d’arte contribuiscono a comunicare il sacro, il bello, l’antico, il nuovo, parte integrante dell’azione pastorale.

Ma dopo tante conversazioni con la sua Conservatrice, che è li dall’inizio e non ha mai smesso di approfondire e studiare non solo le collezioni del museo, ma il luogo nel quale si trova, con il Santuario e il Sacro Monte, e di credere tenacemente nel proprio lavoro al servizio del museo, si deve riconoscere a lei una gestione intelligente che ha portato grandi risultati negli ultimi quindici anni per un museo che di fatto partiva da zero.

Collocato in un luogo problematico per l’accessibilità, oggi dialoga con i musei della città e con le istituzioni culturali sia all’estero che in Italia, aperto al territorio e capace di uscire dalle proprie mura e promuovere la conoscenza delle collezioni che custodisce e il senso del luogo, fedele al suo statuto educativo.

Non è sempre cosi. Un buon motivo per programmare una visita.

E puntualmente, come la dott.ssa Laura Marazzi ormai ci ha ben abituato, il Museo Baroffio e del Santuario torna a proporci un geniale percorso attraverso le opere dedicato ai bambini.