La Madre dei Draghi nell’opera di Silvio Raffo

Venerdì il poeta e scrittore varesino sarà a Londra per la presentazione di “Voice from the Stone”

La trasposizione da un libro a un film comporta sempre dei rischi, oltre che un vistoso imprescindibile limite. Il linguaggio narrativo, che si esprime attraverso le parole, ha dei ritmi diversissimi da quello dello schermo.

“Cinema” significa “movimento”, mentre la parola letteraria resta inevitabilmente legata alla dimensione del logos, del pensiero.

I tempi evocati dal romanzo non sono quelli che scandiscono la successione delle immagini cinematografiche. Leggendo un libro siamo costretti a usare la fantasia, dobbiamo ricostruire volti, paesaggi e situazioni, ciò che non accade quando guardiamo un film, uno ’spettacolo’ appunto (dal latino ’spectare’) in cui l’organo interessato è solo quello della vista.Tutto questo riguarda il cosiddetto fruitore del prodotto; considerando l’oggetto in sé (libro e film) sono altri gli elementi da valutare.

Ad esempio, l’inevitabile riduzione della trama, nel film, e i cambiamenti rispetto al romanzo. Un esempio eclatante è “Cime tempestose”, forse il più grande romanzo d’amore della letteratura inglese, che nella sua prima versione cinematografica, di William Wyler, si conclude a meno di un terzo della storia originale, pur restando un capolavoro, e nella versione di Luis Bunuel , “Estasi di un delitto” (anche questo un capolavoro) diventa addirittura un’altra storia.

Se vogliamo parlare di qualità, rileviamo senz’altro che difficilmente a un buon romanzo corrisponde un buon film, ma è pur vero che a volte il livello è il medesimo (pensiamo al “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa e al film omonimo di Visconti); in alcuni casi la versione cinematografica può superare il modello letterario (pensiamo allo straordinario “Psyco” di Hitchcock rispetto al mediocre testo di Robert Bloch, o al sovrumano “Picnic ad Hanging Rock” di Peter Weir rispetto al noioso romanzo di Joan Lindsay). Insomma, come sempre, tutto può accadere.

In linea di massima, gli autori restano delusi dai risultati dei film tratto dai loro libri. Vera Caspary, l’autrice di “Laura” (il film da cui fu tratto lo splendido “Vertigine” di Preminger) rimase molto contrariata dai cambiamenti apportati; anche quel genio troppo spesso dimenticato di Muriel Spark mi confidò personalmente di non essere soddisfatta della versione cinematografica del suo “The driver’s seat”.

E io cosa devo dire di “Voice from the Stone”, il film di produzione americana tratto dal mio romanzo “La voce della pietra”, ovvero da una delle mie creature più care e più apprezzate da pubblico e critica? Contrariamente ai miei dubbi e sospetti (sono sempre stato scettico rispetto alla sensibilità degli americani) non posso che ammettere di essermi dovuto ricredere. La mia storia è stata modificata in più punti, e anche vistosamente: il mio protagonista,

Jakob, aveva diciassette anni, e nel film ne ha dieci, la mia Verena era una zitella lugubre e asessuata, e nel film è l’incantevole Emilia Clarke, il personaggio del padre nel libro compariva verso la fine e nel film è presente dall’inizio, la zia Pamela diventa una morbosa governante (la magica e mitica Lisa Gastoni), la conclusione diverge in un particolare fondamentale… eppure io di questo film mi sono innamorato, e più lo rivedo più lo trovo un vero capolavoro.

È avvenuto il miracolo di una perfetta sovrapposizione di atmosfere, situazioni e tensioni di un racconto filmico a un racconto letterario in perfetta armonia nonostante i notevoli cambiamenti. Seguendo Verena-Emilia che si muove come rapita da un incantesimo nelle stanze opalescenti della villa “La Rocciosa” ho rivissuto le mie innumerevoli sceneggiate di bambino, quando mi aggiravo in cantine e solai fingendo d’essere appunto il protagonista di un thriller mozzafiato e improvvisando colonne sonore, gemiti e stridori di porte cigolanti; vedendo il mio adorato Jakob appoggiare l’orecchio alla roccia del laghetto nella miniera ho rischiato l’infarto per la grazia preraffaellita del quadro; per non parlare di Lisa Gastoni, la cui bellezza iridescente e fantasmatica può anch’essa suscitare una crisi cardiaca. Ho avuto la grande gioia di partecipare alle riprese, girate in Toscana e nell’alto Lazio in locations iperuraniche.

Abbracciare Emilia Clarke che mi dice “It’s a great honour for me to know you” e Lisa Gastoni, con cui riconosco subito un’affinità viscerale e d’anima, sono state esperienze indimenticabili, che mi hanno ispirato versi assai preziosi sulla finzione e sull’arte del recitare.

Il film, uscito a fine aprile a Minneapolis, ha avuto recensioni ottime dovunque e ha girato dozzine di paesi (Grecia, Albania, Russia, perfino Siberia), ma non è ancora stato acquistato in Italia. Ha senso domandarsi perché?

Forse che la logica e il buon gusto governano le vicende umane, soprattutto in Italia?

Si tratta probabilmente solo di tempi lunghi, del resto il mio karma è quello dell’attesa anche per quanto riguarda questo evento (Dal giorno in cui ricevetti la telefonata del produttore che mi annunciava l’intenzione di girare il film alla sua realizzazione sono passati otto anni…).

Venerdì vado a Londra a presentarlo al FrightFest, un festival del cinema horror (categoria a cui “Voice from the Stone” appartiene solo parzialmente, essendo più che altro un film di genere ’fantastico’ e visionario).

Il mio film inaugura la rassegna. Il pubblico londinese dovrebbe apprezzare le sfumature gothic e le meravigliose locations toscane. Presenterò anche il libro nella traduzione inglese già disponibile sia in versione kindle che in cartaceo su Amazon – per fare un po’ di pubblicità… con Emilia Clarke in copertina.

E sempre a proposito della mia beniamina, se volete sapere cosa ha consigliato alle sue fans in un’intervista sul “Corriere della Sera”, ve lo riferisco: “Prima di andare al cinema a vedere tante stupidaggini, leggete dei buoni libri, ad esempio quelli di Donna Tartt e di Silvio Raffo, my two favourite writers”). Non solo ho goduto il supremo piacere di vedere una mia creatura tradotta in uno splendido film, ma ho trovato la mia anima gemella… La bionda Regina del “Game of Thrones”! Chi l’avrebbe mai detto?

D’altra parte, non poteva essere altro che il personaggio di una favola…