«La musica è matematica. A me e Sting piace così»

Dominic Miller, lo storico chitarrista di Sting, ha presentato a Bologna il suo ultimo lavoro “Silent Light”

I portici di Bologna hanno qualcosa di speciale. Sarà la storia, sarà l’atmosfera che creano, sembra che ti abbraccino, ti coinvolgono, ti fanno sentire parte di una città viva e propositiva. Sai che un’emozione nuova, da lì, la porterai a casa. Sempre. Cammini distrattamente e prendi quella via a sinistra. L’insegna in alto dice “Bravo Caffè”, sbirci dalle vetrine. Camerieri preparano tavoli, altri spostano sedie. Butti l’occhio più in là, sul palco in fondo al locale. C’è , ha una chitarra in mano. Bologna è Bologna.

Quella sera, lo storico chitarrista di presenta il suo ultimo lavoro da solista, “Silent Light”. YouTube è zeppo di video di chitarristi super cliccati che, come funamboli, fanno evoluzioni con e sulla chitarra. Poi invece entri in quel locale, attraversi il piccolo corridoio con gli occhi dei più grandi musicisti internazionali addosso e ti trovi davanti lui, il braccio destro di Sting. Quel Dominic Miller che quando Sting cambia band, lui c’è sempre. Quello che si è

inventato dal nulla il giro di chitarra di “Shape Of My Heart”. Che da più di 20 anni mette il proprio genio e la propria chitarra in ogni progetto della leggenda del rock. Che dopo un concerto in uno stadio da 80 mila posti prende la sua classica e con i suoi amici suona di fronte a 120 persone, le saluta una ad una, si ferma ad insegnare qualche nota ad un fan. Che alle acrobazie preferisce la tecnica, la precisione, l’armonia, la dolcezza. Quel Dominic Miller che qualche pagina di storia della musica l’ha scritta. Scende dal palco, ti passa di fianco e ti stringe la mano. Hai dato il cinque ad una leggenda. E cosa fai, non gli fai una domanda? Diamine, anche due o dieci.

Bene, mi sono divertito molto e ho avuto davvero ottime sensazioni. Tuttavia può sempre essere meglio, sono un perfezionista. Mi piace quando qualcosa è perfetto e non sempre lo è.

Sì, lo stiamo portando in tour. Che musica c’è nell’album? Avrebbe poco senso cercare di descrivere la musica. È musica, vibrazioni, armonie, sentimenti, paure, conforto o stimoli, è un sacco di cose. Quello che volevo sottolineare con questo disco sono i concetti di spazio e di silenzio: se qualcuno li capisce va bene, altrimenti direi che va bene lo stesso.


Mi piacciono tutte e due le situazioni. Sono cose diverse. Sono 15 anni che faccio concerti da solista e non è una cosa nuova per me. Lo faccio da un sacco di tempo. Mi piace sia lavorare come “sideman” sia come “frontman”. Penso che sia necessario fare tutte e due le cose per essere musicisti e artisti completi e mi sento a mio agio in entrambi gli scenari.


È impossibile sceglierne uno, sarebbe quasi come dover dire qual è il mio figlio preferito. Ho fatto tanti live bellissimi.

È stato davvero emozionante ma non è stato il migliore. Ne ho fatti alcuni che potevano sembrare meno importanti ma sono stati invece molto significativi. Spesso dipende dalla connessione con i musicisti più che da quella con il pubblico, a volte si crea una intesa magica tra di noi. Per fare qualcosa di davvero speciale non c’entra solo il posto, potrebbe accadere anche nelle più piccole città o in strada e tutto questo poi va a beneficio di chi ascolta.


È molto bello. Quando lavoriamo insieme non lo penso come mio figlio ma come un musicista, quando tutto finisce torno a considerarlo come Rufus. Devo dire che non sono molto emotivo sul palco. Cerco di mettere da parte quel lato, lo dimentico, sono molto concentrato per fare un grande show.

Qualche volta è accaduto, ovviamente. Se succede è divertente, non è una cosa così seria. Se permetti che una cosa del genere ti travolga può arrivare a rovinarti la serata molto in fretta. Molte persone continuano a pensarci e non riescono più a godersi appieno niente. Quindi come mi sento? Mi sento umano: tutti sbagliamo.


Non ne ho idea, forse bisognerebbe chiederlo a lui – ride- Non lo so, tra tutto forse il gusto per l’armonia.

È iniziato con un giro ritmico di chitarra, stavo provando ad usare degli accordi presi da Chopin. Da lì ho creato un mio pattern ritmico andando su e giù per il manico della chitarra. Quel giorno ero seduto davanti al fuoco, con accanto Sting che mi ha chiesto che cosa stessi suonando. “Nulla, è solo un esercizio” gli ho risposto ma lui poi ha avuto l’intuizione: “Potremmo farne una canzone”. E così abbiamo fatto.


Credo sia quella di rendere la musica sorprendente. Gli piace l’elemento sorpresa, credo che per lui sia molto importante. Ha un senso dell’armonia “laterale”, gli piace approcciare indirettamente alla musica, esplorarne i lati meno usuali e rompere le regole. Come un matematico, crea “problemi” musicali e gli piace risolverli. Ed è questo che faccio anche io con lui, risolviamo problemi. La musica è come la matematica: più grande è il problema più è divertente risolverlo.

Il mio gusto musicale è davvero ampio. Ascolto tutto, da Johann Sebastian Bach all’heavy metal e c’è moltissimo in mezzo. Non mi metto seduto ad ascoltare una cosa sola per non annoiarmi. Sono davvero molto fortunato ad avere una buonissima collezione di dischi. Però devo dire che non ho molto tempo per ascoltare musica perché suono sempre. Quando ho una pausa solitamente preferisco ascoltare ciò che mi interessa, soprattutto molti brani strumentali, un po’ come quelli del mio disco. Quindi “Silent Light” rappresenta il mio gusto musicale.


Consiglio a tutti di esercitarsi lentamente. Perché più lentamente si fa pratica più velocemente si arriverà ad ottenere il proprio suono. Perché così si raggiungono controllo e precisione. Suonare è come fare yoga.