Quando l’arte è donna. Per combattere il maschilismo

Un incontro per comprendere come spesso la società abbia oscurato il talento femminile

Tre donne protagoniste di una serata ricca di arte, letteratura e psicologia intrecciate in un vortice di suggestioni ed emozioni al Teatro Openjobmetis di Varese. Un incontro plurimo, organizzato per giovedì 2 marzo, quando andrà in scena lo spettacolo “Moi” (“io” in francese, ndr), monologo scritto dalla critica letteraria del Sole24Ore, Chiara Pasetti, e ispirato alla corrispondenza della scultrice Camille Claudel. Gli organizzatori propongono anche un momento di riflessione, per le 18.30 nel foyer del Teatro, con la presentazione del libro “Essere esseri umani”, scritto dalla psicoterapeuta di origini varesine, Marta Zighetti. Un incontro «propedeutico e funzionale» alla visione dello spettacolo, cui parteciperanno entrambe le autrici, e che partendo dalla travagliata vita dell’artista francese Camille Claudel, internata per trent’anni in un’ospedale psichiatrico, tenteranno di definire l’essenza dell’essere umano.

«Oggi se digitiamo su Google “Claudel”, il primo risultato proposto riguarda il fratello di Camille, a testimonianza di quanto siano ancora grandi e vive le ingiustizie subite da questa donna, conosciuta più per essere stata allieva, modella e amante dello scultore Auguste Rodine, che non per la sua arte», spiega Fabio Minazzi, docente universitario di Filosofia, presentando l’evento. «Io stessa ho compreso la forza dell’arte di Camille solo dopo averne visto le sculture in una mostra –

spiega la Pasetti – e ho sentito il bisogno di indagare e poi di raccontare la storia e l’arte di questa grandissima donna». Una donna che mostrò fin da giovanissima, nella seconda metà dell’Ottocento, il suo talento. Un talento da coltivare, in una società ancor più maschilista di quella attuale, che non prevedeva l’istruzione, men che meno artistica, per le donne. Ma la potenza del suo lavoro fu tale da permetterle comunque di emergere, mentre la sua fragilità, esasperata dal contesto sociale, la lasciava sprofondare nel baratro della schizofrenia. «Fu così che nel 1913, all’età di 48 anni, Camille fu rinchiusa nel manicomio dove morì – ricorda la Pasetti – nonostante il direttore dell’Istituto ne avesse proposto dopo pochi anni il reinserimento in famiglia. Ma la madre rispose che, se necessario, avrebbe pagato di più per il ricovero». «Un rifiuto da cui emerge un grave trauma di omissione», commenta la Zighetti con riferimento alle teorie dell’attaccamento da lei approfondite, e che nel libro propone un modello di economia e di società più compatibile con la vera natura dell’uomo.

Sul palco Camille Claudel sarà interpretata da Lisa Galantini, per la regia di Alberto Giusta, mentre l’incontro fra le due autrici, sarà moderato da Massimiliano Comparin e dal direttore del teatro Filippo De Sanctis, particolarmente entusiasta dell’iniziativa: «Ci piace l’idea che sia la città a proporre degli spettacoli al Teatro e che, almeno in parte, la stagione dell’Apollonio possa vedere momenti in cui le diverse arti si intrecciano, come accade al Santuccio con la rassegna Speakeasy con cui speriamo di collaborare».