Un viaggio fantastico tra visibile e invisibile con Vinicio Capossela

Domani sera il grande cantautore salirà sul palco del Teatro Openjobmetis a Varese

Il viaggio fantastico nell’ombra con Vinicio Capossela si ferma domani a Varese.

Sarà una messa in scena imponente e suggestiva quella che accoglierà domani gli spettatori di “Ombra. Canzoni della Cupa e altri Spaventi” alle 21 al teatro Openjobmetis di piazza Repubblica a Varese.

«L’Ombra è la sostanza di questo concerto in teatro – spiega il cantautore – La scenografia immateriale ci vuole portare in un luogo di confine fra visibile e invisibile. Le ombre sono generate da noi stessi, o da siluette ritagliate o ottenute con legna, sterpi, bacinelle, acqua. Non ci sono effetti tecnologici, proiezioni e videocamere. Solo lampade a incandescenza, teli appesi e oggetti d’ombra».

L’incanto sarà funzionale alla vera protagonista, la musica: «Ci sarà un sistema di suono diffuso per fare sentire gli echi, che sono le ombre dei suoni».

L’ombra che interessa di più l’autore «è quella dell’inconscio, quella che affiora nel sogno, in quel particolare stato di coscienza che è l’ipnosi. Cerchiamo, con musica e tetro d’ombra, di portare in questo stato. Ci sono diverse canzoni in repertorio che hanno questa natura. Credo che il corrispettivo in suono dell’ombra sia l’eco. Avremo diversi echi e andremo in quel paese dell’Eco narrato nel “Paese dei coppoloni».

I musicisti sul palco saranno in formazione «eclettica basata sulle corde, violini, archi, biella, chitarra, strumenti a pelle e a onde elettromagnetiche. Insomma tutti strumenti del diavolo. Io suono principalmente il pianoforte. Verticale, perché in questo mondo ombroso bisogna stare eretti, ma anche avere un riparo dietro al quale nascondersi».

Ma è soprattutto il repertorio ad essere differente, e anche l’impianto narrativo. «In estate si alzava polvere sotto il sole. Nella stagione chiusa si cerca tra sterpi di bosco, specchi, siluette e paesi a metà tra il presepe e il cimitero. Il paese dell’eco appunto».

L’ultimo album “Canzoni della Cupa” ha fornito a Capossela l’opportunità di indagare due concetti: la polvere e l’ombra. Se per la prima i «lo spettacolo si è svolto all’aperto, in un’evocazione insieme ancestrale, agreste e di frontiera». In teatro prende forma la seconda, una «zona meno definita, dove il materico scompare per lasciare il campo alla proiezione dell’inconsistente».

La Cupa è un toponimo che sta a indicare un luogo in cui batte poco il sole: «Luogo di leggende non verificabili e ricovero delle creature a cui l’arguzia popolare ha dato i nomi dei propri spettri, delle tentazioni e dei lati oscuri».

Il “periodo dell’Ombra” è cominciato il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate.

«Sant’Antonio, come Prometeo regala il fuoco agli uomini e risveglia la terra. E fa parlare gli animali, nostri compagni sulla terra. Il disco, per la materia di cui è costituito, si rifà al tempo ciclico della terra, in cui le cose ritornano, muoiono e si rinnovano, e per questo vivono in un eterno presente, in un tempo verticale a cui possiamo ancora affacciarci, dagli affanni dell’onnivoro tempo orizzontale in cui ci dibattiamo».