Il re del soul sbarca a Varese. Per incantare con la sua voce

A tu per tu con Mario Biondi, che sarà sul palco del teatro domani sera alle 21

Il re italiano del soul, Mario Biondi, è pronto a fare tappa a Varese. Col “Best Of Soul – Tour”, con cui festeggia i dieci anni dal celebre disco d’esordio “Handful of Soul”, sarà domani alle 21 al teatro OpeJobMetis di piazza Repubblica.

Nella tournée che sta portando in Europa – in Inghilterra ha riscosso particolare successo – e in Italia, percorre in ordine cronologico tutta la sua carriera fino agli ultimi brani estratti dall’ultima raccolta.

Per Biondi, la voce soul più calda e intensa della musica italiana, gli epiteti si sono sprecati, ma lui, classe 1971, si definisce “old inside”, pur conservando la curiosità di un bimbo, mentre guarda al futuro anche come producer e porta i baffi all’insù alla Salvador Dalì «ma a giorni alterni, secondo l’umore».

A Varese proporrà uno spettacolo «piuttosto denso di canzoni che sono state importanti in questi 10 anni. Alcune le non facevo da tempo, ma hanno mantenuto una grande dose di pathos nella vita e sul palco. Il pubblico li recepisce e apprezza».

Sarà accompagnato da una band d’eccezione: «tutti polistrumentisti. Mi piace condividere la musica e la musica è di per sé condivisione. Alcuni di loro sono cantanti solisti, artisti con un loro percorso, che ho avuto fortuna di coinvolgere».


È stato meraviglioso professionalmente parlando. Mi reputo un “ragazzo fortunato”. Ho duettato con quasi il 100 per 100 degli artisti che più ho amato. Burt Bacharach ha scritto un brano per me e ne ho scritto un altro con Dee Dee Bridgewater. Sono soddisfazioni incredibili.

Con tutti quelli che rimangono. Mi piace confrontarmi, imparare, attingere da artisti di qualsiasi genere. Uno sogno sarebbe stato avere una produzione con Quincy Jones, ma so d’essere anacronistico.


Sono cresciuto anche grazie agli incontri fatti, ho affinato l’inglese, la dizione e la scrittura. Cerco di crescere tutti i giorni perché sono come un bambino assetato d’imparare.

Mi ha fatto capire che la gavetta fa bene, ma che a lungo è deleteria. Facevo fino 140 mila km all’anno e a 35 anni sembravo un 60enne. Avevo girato mezzo mondo e fatto di tutto. Ero un po’ stremato. Magari se il successo fosse arrivato prima mi sarei risparmiato un po’ di stanchezza.


Io sono, come mi definiscono i miei amici inglesi, una “scheggia impazzita” sfuggita a un sistema ad appannaggio della musica pop. È stato un successo inaspettato. Agli inizi ho pubblicato con un’etichetta che non era pronta vendite di tale portata. Io però già lavoravo da 20 anni, molti mi conoscevano e chiedevano quando avrei pubblicato album e fatto concerti. Di artisti bravi in Italia ce ne sono. Io ne porto tre bravissimi con me in questo tour. Cerco di trasferire qual che ho imparato perchè sono tanto più giovani. Li supporto come posso, in un mercato oramai sfinito, in cui però l’artista vero ha ancora valenza.

Alcune sono nello spettacolo e fanno parte di un percorso, di una storia di vicissitudini discografiche e di vecchie ruggini. Alcune sono di chiusura di vecchi contatti che mi rendono libero, senza impegni e legami con persone che poco mi hanno saputo dare. Però ho anche inserito brano “Gratitude”, dedicata al pubblico, agli addetti ai lavori dai fonici ai giornalisti, dai manager a tutte le persone che in 30 anni mi hanno supportato, a quelle che mi hanno conosciuto negli ultimi 10 anni e ha ci mi ha voluto dare forza ed energia.


Avrò i figli grandi e comincerò ad essere vicino ai 60. Sarò un “ometto” grande. Mi vedo ancora innamorato come pazzo della musica, ancora in cerca di condivisioni stimoli e nuove sonorità e conferme.


Sono tanti da Serena Brancale, con la quale sto collaborando e scrivendo anche dei pezzi, a Paolo Simoni, un cantautore interessante di vecchia scuola che si creerà un suo spazio e una sua personalità. E poi adoro e stimo in maniera spasmodica Joe Barbieri.

Mi piace. Ogni tanto c’è chi si allarga con chiacchiere da bar di second’ordine. Più spesso è una curiosità sana. Mi chiedono come sia. È impegnativo e difficile. Una lotta per avere una sensibilità continua per ognuno. Seguo molte cose, ma sono anche spesso lontano e quindi i figli gravano su mamma e nonna che ci dà una grande mano.