A Gallarate la “mafia” del Carroccio infiamma la campagna elettorale

GALLARATE Una città «senza mafie». Scrive così la Lega Nord sui manifesti elettorali. Ci crede così tanto che, nella notte tra giovedì e venerdì, ha coperto con questa scritta le immagini di tutti gli altri candidati sui pannelli dietro la chiesina di San Pietro.
Ma di quali «mafie» parlano i padani? E’ vero, questo territorio non è immune da infiltrazione, basti pensare alla locale della ‘ndrangheta smantellata a Lonate Pozzolo.
E’ questo che intendono Umberto Bossi,

ispiratore dello slogan, Giovanna Bianchi? «Non mi permetterei mai di parlare di coppola e lupara», spiega la candidata padana, «noi ci riferiamo ai clientelismi, alla gestione dell’amministrazione uscente che i cittadini hanno percepito come poco trasparente, ai limiti dell’opacità, sia in Comune che, di riflesso, nelle società partecipate».
Lo slogan del Carroccio ha generato la rabbia dei militanti del Popolo della libertà. Uno su tutti il capogruppo Alessandro Petrone, che su Facebook ha ribattezzato le amministrative come il «Io non sono mafioso day». Ma anche l’assessore provinciale Aldo Simeoni è infuriato per questo accostamento. «Chi ha scritto questi manifesti non ha contezza del significato della parola mafia», taglia corto il candidato sindaco Massimo Bossi, convinto che «non ci siano riferimenti di carattere personale». Certo, i rischi di infiltrazione ci sono, ma «il ministro Maroni sta lavorando bene». Al contrario, «a Gallarate sarebbe il caso che quei pochi leghisti che hanno cultura di governo prevalessero sui falchi».
Tra i candidati, però, c’è chi dei rischi di infiltrazione mafiosa ha parlato apertamente. E’ il caso di Ennio Melandri (Federazione della sinistra), convinto che alcune operazioni immobiliari, in città, siano servite a «riciclare denaro sporco». Un ragionamento che «nasce da una semplice constatazione: la Lombardia è la quarta regione d’Italia per infiltrazioni mafiose, assistiamo a continui arresti». E allora, «in una città che ha visto costruzioni pari al fabbisogno abitativo dei prossimi trent’anni, qualcosa dietro evidentemente c’è».
Perplessità condivise da Andrea Buffoni (Unione Italiana), che però sposa anche le preoccupazioni leghiste. «Credo che Umberto Bossi si riferisca a questioni tipicamente gallaratesi: se si sa che ci sono professionisti che lavorano in modo non dico monopolistico, ma abbondante, se all’ufficio Urbanistica è successo quello che è successo (l’arresto del responsabile Gigi Bossi, a processo per concussione, ndr) e in 15 anni nessuno se ne è mai accorto, se ci sono alcune immobiliari che operano in modo continuo, se in lista ci sono persone che operano in un certo modo». Insomma, «c’è l’idea per cui, se non si passa da un certo pertugio, le possibilità di operare sono limitate».
A Melandri e Buffoni, Bossi replica dicendo che «se conoscono documenti o fatti, si rivolgano alla Procura della Repubblica». Anche Bianchi invita a «riflettere» sul fatto che «si è costruito in maniera abnorme e ci sono tanti palazzi sfitti».
E il centrosinistra? Secondo Edoardo Guenzani «non è corretto avanzare sospetti se non si hanno elementi fondati», anche se «resta il legittimo dubbio di fronte al fatto che un investimento così cospicuo, con un ricavo così limitato, richiede grandi disponibilità finanziarie».
Riccardo Saporiti

e.romano

© riproduzione riservata